È un fenomeno: la copertina del suo prossimo libro annunciata con mesi di anticipo, roba alla Harry Potter e Stephen King; le interviste conservate, rilette, citate; il cognome diventato proverbiale, una maniera, non soltanto nel mondo letterario, ma anche in quello televisivo, cinematografico, giornalistico; i romanzi passati al setaccio da sociologi, psicologi e analisti del costume perché questa autrice è sinonimo al momento di uno stile e di un modo di vedere il mondo, di una filosofia esistenziale che rappresenta una intera generazione, quella dei Millennial.
Lei è Sally Rooney - irlandese, classe 1991, posa borderline tra enigma e sprezzatura, anche qui molto in comune con i suoi coetanei - e i suoi lettori si stanno preparando a gustare il suo prossimo romanzo, il quarto, che porta il titolo tanto musicale quanto internazionale di Intermezzo. Il lancio anglosassone è annunciato per il 24 settembre negli Stati Uniti, mentre in Italia arriverà da Einaudi il 12 novembre. La copertina, svelata a fine maggio, dipende dai Paesi: una scacchiera giallastra in cui imperano pezzi, ombre e presagi oppure, nell'edizione inglese di Faber, ripresa anche da Einaudi, un pedone caduto insieme a un uomo solo, solitario o di passaggio, gravato dall'oppressione di un gigante, anch'egli di passaggio, anch'egli solitario o chissà, di cui vediamo solo le scarpe. Sono immersi in un'atmosfera blue che forse è soltanto un colore o forse significa quella lieve, aromatica e romantica depressione che affligge quei Millennial a cui la Rooney è tanto cara, ma da cui a volte è pure detestata («Una supercazzola editoriale» la definiscono in rete alcune lettori a lei coetanei). Quell'uomo-pedone e quel blu sono già giustificati dalle prime righe che Faber pubblicò a maggio, protagonista un ragazzo, vestito di tutto punto per un funerale, perfetto nel suo completo non fosse che per un dettaglio: l'apparecchio ai denti, il supremo disagio di ogni adolescente.
Breve riassunto di ciò che ha portato la Rooney da fenomeno di nicchia a oggetto di invidia, adorazione e immancabile inserimento del Times tra i personaggi più influenti degli ultimi anni: scrive in tre mesi il suo romanzo di esordio, Parlarne tra amici - anche allora, nel 2017, la copertina fu una delle più belle e riconoscibili della stagione - e fa subito il pieno di interviste e attenzione. Non proprio un botto, ma la crema del mondo letterario europeo decreta che è nata una stella. L'anno successivo pubblica Persone normali, un romanzo lungo più del doppio del primo, che diventa nel 2020 una miniserie della Bbc, seguita nel 2022 dalla serie tratta dal suo primo romanzo, entrambe adattate dallo stesso «new wave team» UK di cui fa parte la strepitosa sceneggiatrice e drammaturga britannica Alice Birch, una delle story editor di Succession, per capirci, e autrice di Anatomia di un suicidio. Nel 2021 arriva il terzo libro, Dove sei, mondo bello, che dopo due storie romantiche mette al centro un'amicizia.
Al centro di Intermezzo ci sono invece due fratelli dublinesi, Peter e Ivan Koubek: Peter è un trentenne di successo, avvocato, sicuro di sé e diviso tra Sylvia, primo infinito amore, e Naomi, che va al college e ancora si diverte a vivere, mentre Ivan, dieci anni di meno, è un outsider giocatore di scacchi, per il quale l'appartenenza sociale è un rebus. Muore il padre e il lutto porta conflitto e rivoluzione: per Ivan l'intensità la porta Margaret, una donna più grande di lui stregata dal suo talento per gli scacchi (l'incontro tra i due, occasione per titillare i lettori su ageismo e potere sessuale dei generi, è descritto in «Opening theory» il capitolo di Intermezzo che il New Yorker ha anticipato lo scorso luglio), per Peter il turbamento comincia con disturbi del sonno che si allargheranno al resto. L'interludio di cui parla il titolo è, come spesso accade in Rooney, la possibilità del cambiamento, che si attua, tra rimuginio e impotenza generazionali, quando tutto sembra morto. Per Rooney è nell'inverno del nostro scontento che si prepara la mutazione: il dolore per il padre porterà ai due disperazione, ma soprattutto desiderio di andare oltre la vita di superficie.
Fin qui tutto bene: famiglia, amore, lutto e il peso dei trent'anni, la seconda adolescenza. Ma se ci si mette Rooney a raccontarli, tutto sembra più vero e più crudo, si esce dall'ovatta dei social e si torna a sbattere il muso in quella che un tempo era la letteratura. Eppure, come spesso lamentano alcuni lettori insoddisfatti, i tratti dei personaggi sono pochi e fin troppo delicati, i dialoghi sono cerebrali, marxisti, atteggiati, tra snobismo e spinta a performare, gli eventi sono presi per la coda o sottintesi mentre fallimenti, fragilità, ansia sociale, disagio la fanno da padroni al punto che alcuni mollano la presa dopo una trentina di pagine perché oppressi da una narrazione che non vuole risolversi, concludere, andare a segno.
Migliaia di lettori invece vivono questi difetti come sintomi benigni di quella autenticità di cui hanno un disperato bisogno e grazie alla quale i giovani irlandesi che la Rooney descrive diventano universali. Amano Rooney per aver avuto il coraggio di descrivere come una intera generazione ha vissuto negli anni Dieci la propria giovinezza: in un costante orbiting, quella forma di perpetua ambiguità relazionale cui è possibile dare tutti i significati che vogliamo poiché non atterra mai, ma gravita intorno all'altro. Uno dei segreti infine, molto british e molto alla Amis, è l'aver riportato nel romanzo il conflitto di classe: i protagonisti di Rooney sono falliti o vincenti, metropolitani o provinciali, matricole o veterani, colti o trash, borghesi o marxisti.
Si crogiolano nel discutere di chi o che cosa li abbia fatti o li farà cambiare, se da quel cambiamento ci sia ritorno e se sia più corretto rimanere o tornare, in una perpetua correzione di rotta che li lascia, nel frattempo, analfabeti e sordi ai propri sentimenti, relazioni, traumi emotivi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.