È l'unica star maschile di Hollywood che è riuscita venire a questa edizione numero 80 della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica funestata dallo sciopero degli attori d'Oltreoceano. Adam Driver, acclamato sul red carpet, ha avuto una deroga dal suo sindacato perché il film Ferrari, in cui interpreta Enzo Ferrari nel suo annus horribilis, il 1957, è frutto di un'ampia compagine produttiva indipendente dalle major dove è presente lo stesso regista Michael Mann insieme, tra gli altri, agli italiani Andrea Iervolino e Monika Bacardi di Ilbe. Il leggendario regista di Heat, Collateral e di Miami Vice, amatissimo dai cinefili, da anni insegue questo progetto scritto con Troy Kennedy-Martin, morto nel 2009, e montato dal premio Oscar Pietro Scalia con i costumi di Massimo Cantini Parrini.
La forza del film sta nell'aver concentrato tutta l'azione nell'estate del 1957 invece che girare il solito biopic con gli avvenimenti di una vita cadenzati come una pagina di Wikipedia. L'ex pilota Enzo Ferrari è in crisi non perché non venda anche a ricchissimi arabi i suoi bolidi ma perché, come dice lui, «noi li vendiamo per correre mentre altri corrono per vendere».
Il riferimento è alla scuderia Maserati, una narrazione che porta lo spettatore a empatizzare nelle corse, splendidamente filmate, con il cavallino rosso. Il rischio è la bancarotta a cui si aggiunge la crisi matrimoniale con la moglie Laura, interpretata da una stereotipata Penélope Cruz, sia perché un anno prima è morto il loro unico figlio, Dino, sia perché «il commendatore», come curiosamente viene chiamato in italiano in un film tutto parlato in inglese, ha già una relazione, quasi conclamata, con Lina Lardi da cui ha avuto un figlio, Piero, riconosciuto solo nel 1978 alla morte della prima moglie. Così tra beghe familiari e quelle bancarie, Ferrari si dedica solo alle corse, nella speranza che una vittoria apra le porte a nuovi soci e a più commesse. Ecco allora l'occasione giusta, la Mille Miglia, storica e difficile gara che in quel 1957 diventerà anche l'ultima in strada per via del tristemente famoso incidente di Guidizzolo in cui una Ferrari uscì di strada uccidendo i due piloti e nove spettatori, tra cui cinque bambini.
«Sono affascinato da sempre da storie così profondamente umane. Quando mi sono imbattuto in un personaggio così dinamico come Enzo Ferrari ne sono rimasto colpito. In quel 1957 molti dei conflitti della sua vita si scontrano. Queste dinamiche sono così specifiche e tuttavia universali, tutti le attraversiamo. In questa storia sono concentrate in modo drammatico e operistico» dice il regista che s'inventa anche un montaggio parallelo con Ferrari che usare il cronometro a messa la domenica mentre fuori c'è una prova di corsa delle sue auto. Adam Driver, che si sta specializzando in ruoli di grandi imprenditori italiani (ricorderete il Maurizio Gucci di House of Gucci di Ridley Scott), torna dunque a lavorare nel nostro Paese: «Immergersi in un luogo, capire una cultura diversa, sono tutti aspetti che adoro dell'essere un attore, anche perché ti danno un grande senso di responsabilità. Di Enzo Ferrari sapevo poco ma via via che preparavamo il film, conoscevamo i luoghi veri a Modena, il barbiere, lo studio, la casa, i ristoranti, sono entrato in connessione con lui e il suo mondo».
Tra i tanti interpreti di Ferrari anche Patrick Dempsey, la star della serie Grey's
Anatomy, nel ruolo del pilota e campione Piero Taruffi: «È stato molto divertente guidare nelle sequenze di gara. In quelle macchine ti sembrava di tornare indietro nel tempo». Cosa che accade anche un po' a noi spettatori.
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