La finiana che insulta i rom se ne va E la Carfagna s’infuria: «Razzista»

RomaTiziana Maiolo si è dimessa da portavoce milanese di Futuro e Libertà. Una decisione «non chiesta né sollecitata», ma inevitabile dopo l’imbarazzo provocato nelle fila dei futuristi dalle sconcertanti parole usate martedì sera dalla Maiolo per commentare la morte dei quattro piccoli rom avvenuta domenica nel rogo di una baracca alla periferia di Roma. «È più facile educare un cane che un rom», aveva detto a Giuseppe Cruciani, conduttore della trasmissione La Zanzara su Radio24. Espressioni indifendibili, tanto che la stessa Maiolo ha capito che non erano sufficienti le scuse peraltro ricche di se e di ma giunte poche ore dopo, quando era ormai chiaro che nemmeno il suo partito intendeva proteggerla. Da qui le dimissioni, ammantate da esercizio di coerenza politica: «Voglio stare in un partito dove l’assunzione di responsabilità di ciascuno sia la regola e non l’eccezione». E così anche il coordinatore regionale di Fli, Giuseppe Valditara, che in prima battuta si era dissociato dalla cinofilia della compagna di partito, finisce per renderle l’onore delle armi quasi con orgoglio: «Un’assunzione di responsabilità che dimostra come i nostri dirigenti non siano attaccati alle poltrone o agli incarichi politici».
Sarà. Per la Maiolo comunque le conseguenze della sciagurata intervista radiofonica rischiano di andare ben oltre: il ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna è furibonda con lei: definisce le sue parole «inaccettabili, impregnate di razzismo, in aperto contrasto con i principi sanciti dalla Costituzione e dalle leggi» e riferisce che «l’ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali del dipartimento per le Pari Opportunità ha già ricevuto diverse segnalazioni e valuterà un intervento, come successo in casi analoghi».
Lo scontro dialettico tra Maiolo e Carfagna mette in secondo piano quello istituzionale tra Gianni Alemanno, sindaco di Roma, e Roberto Maroni, ministro dell’Interno. Il primo cittadino della Capitale domenica sera aveva subito battuto cassa con il governo, chiedendo 30 milioni di euro per portare a termine il piano nomadi che prevede la chiusura di tutti gli insediamenti abusivi e la costruzione di campi regolari e controllati. Ma il titolare del Viminale non sembra intenzionato a riaprire ancora una volta i cordoni della borsa per la capitale, tanto che Alemanno ha prospettato di bypassare il ministro leghista ricorrendo direttamente a Silvio Berlusconi. Ieri il dibattito tra i due è proseguito all’insegna del lost in translation. «Oggi non vedo il motivo per raddoppiare i fondi per il piano dei campi nomadi del Lazio. Il Lazio ha già avuto 20 milioni per il piano nazionale che è stato aggiornato e non è mai venuta fuori la necessità di raddoppiare i fondi», lo stop di Maroni. Quasi addolorata la risposta di Alemanno ai microfoni di Radio Vaticana: «Si poteva rispondere che i fondi non ci sono adesso, ma non si può rispondere improvvidamente che “non si danno”, “non lo so”, “non capisco”, “non vedo”, “non intendo”». E poi la mozione dei sentimenti: «Di fronte a un’emergenza così grande e di fronte a quattro bambini morti, spero che le istituzioni esprimano la massima solidarietà». Su questo filone di incomprensioni si innesta poi il minuetto dell’incontro tra i due. In mattinata Alemanno annuncia: «Credo che l’incontro con Maroni, che ho chiesto ieri, potrebbe esserci anche oggi». Ecco spuntare perfino un orario preciso: i due si vedranno alle 18, fa sapere un Alemanno più agguerrito che mai: «È necessario chiarirsi. Non starò più zitto, urlerò se necessario, perché non si può, passata l’emergenza, tornare a un andamento lento». Segue smentita dal Viminale: non è giunta alcuna richiesta di incontro da Alemanno e, dunque, l’unico appuntamento fissato per il ministro è quello della prossima settimana con i commissari all’emergenza nomadi.

A questo punto l’incidente diplomatico è alle porte, ma Maroni interviene per addolcire la pillola: «Ma sì - concede - incontrerò Alemanno, ma non so quando. Non è il caso di farne un tormentone». Il sindaco capitolino, nel frattempo sbeffeggiato dall’opposizione, ringrazia.

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