Non si creda che l'antiquariato rappresenti solo il lontano passato. Alla Biennale des Antiquaries di Parigi (aperta al Gran Palais fino al 22 settembre) il pezzo più costoso (e quindi, accettando il parametro del valore, il più importante) è un gigantesco trittico di Francis Bacon (Studi sul corpo umano, dipinto nel 1970) da 50 milioni di dollari, che si accompagna, nello stesso stand della galleria Marlborough di New York, con un gigantesco Hamburger di Andy Warol da 8,5 milioni. L'arte antica come la si è sempre intesa per tradizione - su per giù gli ultimi 6-7 secoli - sembra quasi ormai in minoranza rispetto alle fastose proposte di art Deco, di maestri del Novecento, di design, di arte asiatica di ogni stagione. Proprio all'ambito delle raffinatezze cinesi appartiene il pezzo forse più ammirato dal pubblico e corteggiato dai collezionisti: un cavallo di terracotta smaltata in tre colori, della dinastia Tang (618-907), presentato Christian Deydier, uno dei più autorevoli galleristi di arte asiatica e tra i possibili canditati alla presidenza del Syndacat che organizza la manifestazione, le cui elezioni si terranno il 25 ottobre. L'attuale numero uno, Didier Aaron, sottolinea con enfasi: "Vogliamo riportare Parigi al ruolo di capitale dell'antiquariato", primato oggi conteso dalla rassegna di Maastricht. Non sarà facile spodestare gli olandesi, nonostante il grande successo di questa edizione francese: a detta di tutti, la mostra di Parigi è più ricca, spettacolare e mondana, ma a Maastricht la gente va - senza le "distrazioni" della Ville Lumiere - con il più preciso obiettivo di comprare, e l'offerta si adegua. Quesito: ma la gente compra ancora? La risposta è sì, ma molto più selettivamente. Lo stesso Aaron afferma che si è perso il mercato medio, che sembra essere stato annientato dalla crisi. Per dirla in maniera un po' cruda: i 20-30 mila euro per un mobile o un quadro tendenzialmente non si spendono più; ma per un pezzo da 5 milioni ci sono sempre quei tre, quattro, cinque collezionisti nel mondo che se lo contendono, e che finiscono per far lievitare i prezzi alle aste. Se si sfogliano gli ultimi bollettini delle grandi Case, si rintracciano facilmente le prove di tutto questo.
Negli stand parigini - in tutto quasi un centinaio, compresa una stupefacente galleria di gioielli - la qualità è mediamente eccellente. L'impressione di tutti è che i grandi acquirenti, quelli che delle avversità economiche sono soprattutto spettatori, stiano tornando. Un altro paio di numeri per rendere l'idea: il costo di uno stand, tra diritti e allestimento, non è inferire ai 500mila euro, e il valore assicurativo totale della mostra è nell'ordine dei 30 miliardi di euro.
Come dicevamo, il ventaglio di proposte è ampissimo. Straordinari i pezzi d'archeologia greci e romani proposti da Michael Hedquist della Galerie Poenix Ancient art di Ginevra, tra cui un bronzo greco del terzo secolo avanti Cristo raffigurante Alessandro Magno e una scultura in marmo di una donna seduta, dal corpo incredibilmente espressivo, quotata 2,5 milioni. Ampia esposizione di fiamminghi da De Jonckheere, specialista del genere, dove il pezzo più importante è una scena popolare di Peter Bruegel il giovane, da 3,5 milioni. Più tradizionale lo stand di Lampronti, dedicato alla grande italiana e veneziana: Canaletto, Bellotto, ma anche Marieschi, Guardi, Bison. Analogamente, grandi gallerie francesi come la prestigiosa Galerie Schmit, presentano i più bei nomi dell'impressionismo, Monet, Manet, Renoir, come nei musei: Schmit dedica la mostra, non senza un'astuta galanteria, alle immagini femminili. Si rincorrono tra gli stand pezzi di Picasso, di Dufy, di Bonnard, di Boudin, di Marquet, di Braque, di Leger.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.