Francoforte La promessa di Trichet

La Banca centrale europea non l’ha detto in diretta tv, ma poco ci manca: fate le riforme e faremo la nostra parte per sostenere i vostri titoli di Stato sui mercati. È un avvertimento doppio, quello rivolto a Italia e Spagna, diffuso ieri attraverso indiscrezioni e contatti informali dagli uomini dell’Eurotower. Mettere la casa in ordine è la condizione posta con tutta probabilità dai duri del rigore monetario. Ma la promessa di Trichet e compagni è servita anche a correggere una conferenza stampa, quella del giorno precedente, in cui ancora una volta era emersa la divisione tra falchi e colombe. E ancora un volta a fare il Signor no era stato il rappresentante tedesco Jens Weidmann, nuovo governatore della Bundesbank, che non sembra di aver cambiato di una virgola la politica del predecessore Axel Weber, e si è opposto all’acquisto di titoli di Stato irlandesi e portoghesi.
L’impressione è stata quella di una Germania pronta a ricadere nella trappola greca, esitante e prigioniera della rigidità dei suoi principi. E il rischio è quello di rivedere all’opera la solita Europa. Quella che, parafrasando il giudizio di Napoleone sugli austriaci, arriva sempre in ritardo: di una giornata, di una idea, di una crisi. Ieri il commissario agli affari monetari Olli Rehn, ha finito con l’ammetterlo: sarebbe stato «fantastico», ha detto, se l’accordo del 21 luglio tra i Paesi dell’Eurozona per frenare la deriva del debito e potenziare i poteri del fondo di salvataggio europeo (in sigla Efsf), «fosse stato operativo già il giorno dopo». Ma questo è stato «ovviamente impossibile perché c’è un legittimo prezzo da pagare alla democrazia»: i 17 Paesi dell’euro devono seguire le proprie procedure nazionali per ratificare l’intesa. Giusto, un’unione di tante realtà così diverse ha i suoi tempi. Ma anche i mercati hanno i loro. E purtroppo le due velocità non coincidono.
Il 21 luglio, con l’ultima intesa tra i capi di governo, il più sembrava fatto. Solo che poi, nell’attesa che i singoli parlamenti pronunciassero il loro sì al potenziamento del Efsf, tutto è stato rimandato a settembre. E arrivati a settembre ci sarà ancora da discutere: la potenza di fuoco dell’Efsf è stata alzata da 250 a 440 miliardi. Ma pur tenendo conto dell’aiuto, che a sua volta sarà ricalibrato, del Fondo monetario internazionale c’è da chiedersi se anche questa cifra sarà sufficiente. Soprattutto visto che ormai nella bufera ci sono a pieno titolo anche i bond spagnoli e italiani. Un analista faceva notare ieri che con 30 miliardi di euro l’Europa ha ricomprato il 10% del debito greco, allontanando le tensioni su Atene. Per fare lo stesso con l’Italia i miliardi a disposizione dovrebbero essere 5 volte tanti.

I governi nordici e soprattutto la cancelliera Angela Merkel saranno in grado di far digerire ai loro elettori nuovi sforzi? Sulla barca, da tempo, ci siamo tutti, nessuno escluso: negli ultimi giorni anche i bond francesi hanno sentito la pressione della speculazione, mentre nonostante l’alleggerimento di Deutsche Bank, le casseforti delle banche tedesche restano piene di bond dei Paesi periferici dell’euro. Chissa se Frau Angela ne ha tratto le conseguenze.

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