Freddo fatale: clochard polacco trovato morto nella pineta di Ostia

Il cadavere era steso sul marciapiede che costeggia viale dei Promontori

Stefano Vladovich

Dariusz Polako Gryciuk 20.09.65, Polonia. Una lapide scritta a penna su un cartoncino bianco e niente più. L’ennesimo barbone morto di freddo nella capitale è stato trovato ieri mattina sul marciapiede di viale dei Promontori, a Ostia. Scaricato a terra dopo esser stato trasportato con una carriola dal folto della pineta. Un gesto di pietà, l’ultimo, dei suoi compagni di sventura per fargli avere una sepoltura da cristiano. Un testimone, in particolare, avrebbe visto da lontano un gruppo di disperati mentre trasportava un grosso fagotto avvolto da una coperta su per i vialetti circondati dagli alberi. Pochi secondi dopo i connazionali si dileguano e l’uomo telefona al 113.
Sul posto, oltre agli agenti a cavallo stanziati al XIII Commissariato, il medico legale del Grassi. «Decesso causato da ipotermia» lo scarno referto che non lascia dubbi sull’ennesima morte bianca avvenuta sul litorale. Morto di freddo, fame e stenti si potrebbe aggiungere in attesa dell’autopsia che sarà eseguita nei prossimi giorni al policlinico Gemelli. Il poveraccio, difatti, a un primo esame risulterebbe gravemente denutrito e con evidenti segni di alcolismo. Insomma una triste storia, la terza a Ostia in pochi mesi. Dopo il barbone carbonizzato in una baracca al villaggio dei Pescatori e l’uomo precipitato dalla canonica di Stella Maris, ancora una vittima della povertà. Sott’accusa l’assenza di un centro di assistenza per i senza tetto, da anni progettato dal Comune di Roma ma mai realizzato nonostante i finanziamenti «pronta cassa». E della tenda-ricovero allestita l’anno passato sulla via litoranea nessuna traccia. Eppure sono centinaia i polacchi, romeni, albanesi accampati alla meno peggio nella Riserva del Litorale Romano, fra viale Mediterraneo e via della Villa di Plinio, come a Pianabella, l’ultima porzione di agro romano di proprietà della famiglia Aldobrandini, tra Ostia e viale di Castelfusano. È qui che viene scoperto il cimitero dei polacchi: croci di legno a testimonianza di povere sepolture lasciate in fretta e furia dagli amici degli sfortunati che non sono riusciti a passare l’inverno. Sempre qui, a pochi metri dal rinvenimento di ieri, viene stuprato, massacrato di botte, infine ucciso da una famiglia di pedofili, un bimbo di 8 anni, Simeone Nardacci. Un’altra storia di povertà e totale assenza delle istituzioni, a pochi chilometri dal Campidoglio, che sconvolse l’intero Paese. Una fetta di verde da decenni scelta come rifugio per i tanti clochard, Pianabella, che gravitano attorno alla mensa Caritas sul lungomare.

Più volte sgomberata dalle forze dell’ordine, la pineta di Procoio è popolata da un gruppo di stranieri che non ha nulla. Una bidonville inavvicinabile, animata dagli ultimi polacchi sbarcati alla vigilia del Giubileo e tra i quali la morte è un fatto ordinario.

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