Del pensare camminando. Pioniere ne fu Nietzsche che, per personale urgenza fisiologica e professionale intenzione polemica, raccomandava in Ecce homo: «Star seduti il meno possibile; non fidarsi dei pensieri che non sono nati allaria aperta e in movimento - che non sono una festa anche per i muscoli. Tutti i pregiudizi vengono dagli intestini. Il sedere di pietra è il vero peccato contro lo spirito santo». Altra cosa, le sue camminate, dal deambulare metodico dei peripatetici o dal vagabondare un po comico di Talete, presocratico flâneur cascato col naso allinsù dentro un pozzo. Le passeggiate sul mare o in montagna del profeta di Zarathustra sviavano letteralmente dalle filosofie degli atenei, spalancando i panorami superumani e abissali del nichilismo. Nietzsche ce laveva coi sedentari colleghi di Basilea, ignari di vertigini speculative, annebbiati «dallaria sciroccosa delle bassure», assisi su scranni accademici.
Lanticristo - ma devoto allo spirito santo - era altresì debole dintestino: per sventare patologici pregiudizi osservava diete ascetiche e si arrampicava in arie forti dove concepire i soli pensieri che, «nati camminando, hanno valore». Lo ha seguito il più infingardo dei suoi discepoli, lo Heidegger che sempre ribadì daver superato il maestro, ma che ne ricalcò i passi di viandante: concepì il proprio operato come Denkweg, itinerario di pensiero e, oltre i Sentieri interrotti proseguì per tornanti, svolte, giravolte o deviazioni, spesso In cammino verso il linguaggio nellintrico tortuoso della Foresta Nera.
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