La gaffe di Pierferdy: «Parlerò con Bersani e Berlusconi». Poi il dietrofront

Roma «Finita la campagna elettorale chiederò a Bersani e Berlusconi se intendono continuare a sostenere il governo Monti e le recenti scelte di politica fiscale o se, invece, vogliono continuare a cercare nuovi argomenti per distinguersi». L’appunto-ultimatum di Pier Ferdinando Casini è a effetto quanto la gaffe. Neanche un’ora e il centrista in cerca di vertice corregge il tiro su Twitter: «Ho detto Berlusconi? Volevo dire Berlusconi-Alfano, non cambia la sostanza». Sarà, ma il Pdl mal digerisce l’ennesima provocazione dell’agitato leader Udc nella parte del burattinaio. Scintille nella maggioranza con Cicchitto che auspica una «pronta e seria riflessione». Sbotta Mariastella Gelmini: «Se Casini scambia il levante per il ponente della nostra posizione, che è quella più volte confermata da Silvio Berlusconi, non possiamo che dolercene. Ma se lui vuole le elezioni la smetta di attribuirle agli altri. Casini e i suoi scambiano la nostra capacità di ascolto dell’opinione pubblica per una volontà di rottura». Critico anche il vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi: «Il presidente Casini ha uno strano modo di concepire il ruolo e le responsabilità della politica e il sostegno leale al governo tecnico guidato da Mario Monti. Per lui significa ratificare tutto quello che viene proposto senza battere ciglio, per il Pdl invece fare politica significa proporre, modificare, se necessario criticare e poi far sì che sia Monti a fare sintesi, ben sapendo che l’obiettivo resta quello di avere a cuore il bene del paese e dei cittadini».
Severo anche il giudizio del portavoce Daniele Capezzone: «Tra una provocazione e l’altra forse figlia del nervosismo dell’Udc per il dinamismo e la centralità dell’iniziativa di Alfano e del Pdl, emerge chiaramente il fatto che Casini si è dato come regola quella del vecchio cartello “non parlare al conducente”. Noi, viceversa, siamo preoccupati soprattutto per i passeggeri, cioè i cittadini italiani tartassati e riteniamo che avanzare suggerimenti e proposte (in primo luogo in materia fiscale) sia un modo serio e vero di aiutare anche il conducente».
Anna Maria Bernini si dice «stupita che un politico di lungo corso e di grande esperienza come l’onorevole Casini, che ha anche ricoperto il ruolo di presidente della Camera, chieda ai partiti di dismettere le prerogative di un Parlamento sovrano limitandosi a premere pulsanti. Comprendiamo che Casini - aggiunge - abbia la legittima aspirazione a fare di se stesso il don Chisciotte del governo. Tuttavia, noi che lo consideriamo molto più di un megafono, gli chiediamo di non essere insensibile a quella svolta pro crescita che il Pdl sta sollecitando al premier Monti. Non possiamo fingere che vada tutto bene, ignorando che dal Paese si leva un grido di sofferenza che si manifesta anche con atti estremi, all’aumento dei prezzi e dei tassi di disoccupazione, alla preoccupazione dei cittadini per la stangata fiscale di giugno fatta di imposte sempre più insostenibili».
Con Casini si schiera, naturalmente, il segretario Lorenzo Cesa: «Le risposte stizzite alla sua proposta di incontrare Bersani, Berlusconi e Alfano per rinnovare il sostegno al governo sono la chiara dimostrazione che quelle parole hanno colto nel segno».

Troppo poco. Chiude il poco amichevole appunto del leader del Pd Bersani: «Vedo che Casini si dedica alla pretattica. Noi non partecipiamo, non tramiamo alle spalle, si va alla primavera 2013, quella è la data delle elezioni».

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