«La gauche è stata vittima della propria schizofrenia»

«Slogan vuoti, diretti a destra, a sinistra e poi al centro. Un disastro annunciato: incapaci di proporre un nuovo progetto sociale»

«La gauche è stata vittima della propria schizofrenia»

nostro inviato a Parigi
«La sinistra è vittima della propria schizofrenia». Gil Delannoi è uno dei politologi francesi emergenti e come il suo maestro Edgar Morin, non ama i conformismi e le meschinità di un mondo culturale che a Parigi, come a Roma, è ingessato nelle logiche di clan. Docente alla prestigiosa facoltà di «Science Po», Delannoi commenta la Francia del dopo Sarkozy con spirito libero.
La sinistra è stata sconfitta per la terza volta. Un disastro annunciato?
«Sì, perché negli ultimi 35 anni è stata incapace di evolvere e dunque di proporre un nuovo progetto sociale. In realtà non ha ancora capito le esigenze dell’attuale società francese».
Ségolène però è stata elogiata per il suo coraggio e per aver tentato un nuovo modo di far politica...
«Queste elezioni hanno dimostrato che la Francia complessivamente si è spostata a destra rispetto a cinque anni fa. Sarkozy è più di destra, e la Royal più di Jospin. Parlando di ordine giusto, dei valori della famiglia, proponendo di creare campi di rieducazione per i giovani teppisti, Ségolène ha compiuto un’importante operazione culturale».
Ma non è bastata per vincere...
«Perché ha dovuto poi elaborare proposte care all’estrema sinistra e per mascherare quella che è una contraddizione insanabile si è rifugiata nella retorica dell’assistenzialismo, della fratellanza progressista. Ha inventato tanti begli slogan, ma vuoti. Ha iniziato a destra, si è spostata a sinistra e ha cercato di finire al centro, ecco perché parlo di schizofrenia. E questo non è l’unico caso».
A cosa si riferisce?
«Al rapporto con il mondo della cultura, in cui la sinistra continua a prevalere. Le firme progressiste danno il tono e sovente la linea agli altri. Negli atenei e nelle riviste hanno un potere di condizionamento enorme. Ma chi sono questi intellettuali e cosa vogliono? Sono la voce di una socialdemocrazia moderna e aperta al mondo? Per lo più sono esponenti dalla cultura marxista, anche i più giovani. E la loro promiscuità con il Partito socialista finisce per nuocere a quest’ultimo, che non ha ancora capito che i docenti universitari non rappresentano la Francia reale».
Docenti comunisti nel 2007? Possibile?
«Sì, perché dopo il crollo del Muro di Berlino non è stata fatta una vera autocritica. Gli intellettuali hanno preso atto della realtà, ma solo come se si trattasse di una concessione provvisoria e con lo spirito: “L’Urss fu un disastro, ma avevamo ragione ad avere torto”. E questa classe culturale trova legittimità e sponda nei funzionari statali, che continuano ad avere un’influenza enorme. Non è un caso che in Francia Il libro nero del comunismo di Courtois sia stato accolto malissimo, peggio che nel resto dell’Europa».
E dunque quale avvenire per la sinistra?
«Finché la sua base elettorale è costituita dai funzionari statali prevarrà lo status quo e dunque è destinata a perdere ancora.

Queste elezioni hanno dimostrato che non bastano l’immagine e l’istinto politico di Ségolène Royal per mascherare un vuoto programmatico che richiederebbe una vera rifondazione. Sarkozy a destra lo ha fatto, a sinistra non vedo nessuno che possa compiere un’operazione analoga».

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