Tripoli - Il regime è ormai al collasso. Come già Saddam Hussein in Iraq, anche il colonnello Muhammar Gheddafi dà ordine di bombardare i pozzi petroliferi ma i piloti si rifiutano. Intanto inizia la fuga della famiglia del rais: la figlia e la nuora hanno già lasciato il Paese. Resta il giallo sul numero delle vittime: alcune fonti stampa parlano di una tragedia che conta fino a 10mila morti. Intanto sua l'Europa sia gli Stati Uniti si stanno muovendo per prendere delle misure serie: potrebbero essere attuate anche delle sanzioni contro la Libia.
Gheddafi allo sbando come Saddam Si sono rifiutati di sparare sui loro fratelli libici. E' iniziata così la rivoluzione a Tobruk, il porto nell'Est del Paese, nella Cirenaica, il primo territorio "liberato" dal regime di Gheddafi. Militari ammutinati, missioni rifiutate, ordini non eseguiti. L'esercito, ormai quasi in tutta la Libia, passa dalla parte dei manifestanti. E il Rais, il Colonnello che colonnello non è mai stato, si affida soltanto alle truppe mercenarie. Soldati spietati e prezzolati che non si fanno nessuno scrupolo a setacciare le case e a sparare ad altezza uomo per le strade. Intanto la figlia del leader libico, Aisha, sarebbe diretta verso Cipro. Nel pomeriggio, alcuni media avevano riferito che Aisha Gheddafi si trovava su un volo per Malta che non è riuscito ad atterrare nello scalo internazionale dell’isola a causa del divieto delle autorità locali. Un portavoce del governo maltese ha poi affermato al quotidiano Times of Malta di "non avere informazioni" sulla presenza della donna sull’aereo.
Ue e Usa verso le sanzioni Di fronte ai gravissimi fatti di sangue che stanno sconvolgendo la Libia, l’Unione Europea invoca "la fine immediata dell’uso della forza" e si dice "pronta a prendere ulteriori misure contro il regime di Tripoli". Da Bruxelles è arrivata anche l’esortazione alle autorità libiche di "assicurare la sicurezza di tutti gli stranieri, e facilitare la partenza di coloro che vogliono lasciare il paese". Dalla riunione odierna degli ambasciatori non sono quindi uscite nel dettaglio le sanzioni ma si parla di congelamento dei beni, messa al bando dei visti e di un embargo sulle armi che secondo fonti diplomatiche anonime sarebbero già allo studio contro il regime libico. Anche gli Stati Uniti stanno prendendo in considerazione "tutti gli strumenti", comprese sanzioni, per fermare la repressione dei manifestanti in Libia, ha detto mercoledì il portavoce del dipartimento di Stato. Philip Crowley ha precisato che tale gamma di opzioni a disposizione di Washington "comprende sicuramente sanzioni che possono essere imposte sia bilateralmente che unilateralmente "aggiungendo che gli Usa vogliono «coordinare la nostra azione con la comunità internazionale".
Il bilancio delle vittime Ci sono almeno 10mila morti e 50mila feriti in Libia: lo scrive Al Arabiya su Twitter, citando un membro della Corte penale internazionale. Il viceministro degli esteri di Tripoli, Kaim, ha riferito intanto che al Qaida ha costituito un emirato islamico in Libia, a Derna, nell’est del Paese. L’emirato è "diretto da Abdelkarim Al-Hasadi, un ex detenuto di Guantanamo" ha detto Kaim. Il gruppo avrebbe disposto l’obbligo del burqa per le donne e ucciso chi si rifiuta di collaborare. A riferire l’agghiacciante bilancio è stato il componente libico della Cpi, Sayed al Shanuka, intervistato da Parigi. "C’è bisogno immediato di un’inchiesta indipendente per crimini contro l’umanità in Libia" ha detto l’alto commissario per i Diritti umani dell’Onu, Navi Pillay, a Bruxelles dopo un incontro con il presidente della Commissione europea Jose Manuel Barroso. La commissaria ha specificato che "serve un mandato intergovernativo" e ha annunciato che venerdì a Ginevra si terrà una riunione straordinaria del consiglio Onu per i Diritti umani per i fatti di Libia: "In quella circostanza - ha detto - mi aspetto di avere una raccomandazione in tal senso".
Precipita un caccia Uno dei piloti si chiamava come il Rais. Gheddafi. Ma non ha esito a lanciarsi con il paracadute e a lasciar precipitare il suo caccia invece di bombardare Bengasi. Fonti militari hanno confermato la notizia sostenendo che il velivolo, un Sukhoi 22 di fabbricazione russa, è precipitato questa mattina a Ovest della città di Adjabiya. Un ufficiale dell’aviazione, che ha il grado di colonnello, ha spiegato che "i due piloti a bordo, Abdel Salam Atiya al-Abdali e Ali Omar Gheddafi, si sono rifiutati di eseguire l’ordine di bombardare Bengasi e hanno fatto precipitare il velivolo dopo essersi lanciati con il paracadute". Non è il primo episodio clamoroso.Due navi a Malta Ieri due navi militari libiche che avevano ricevuto l’ordine di "bombardare Bengasi dal mare" hanno disertato e si sono arrese al largo di Malta. Le navi sono una con 200 marinai a bordo segnalata nel pomeriggio di ieri e una seconda rilevata dalle fonti di Al Jazeera. L’emittente araba riferisce che su questa seconda nave i marinai sono stati visti marinai gettare armi in mare.
I Mirage a La Valletta Ma già lunedì si sono registrate defezioni nell'esercito. Hanno ricevuto l’ordine di bombardare i manifestanti a Bengasi e a quel punto hanno deciso di fuggire. Questo il racconto al loro arrivo a Malta da due colonnelli dell’aeronautica libica fuggiti con due Mirage. I due ufficiali hanno chiesto asilo politico e hanno fornito informazioni riservate sulle attività militari in corso in Libia che vengono messe a disposizione di tutti i paesi dell’Unione europea. Il loro racconto parte dalla base di Okhabrin Nafe, a Tripoli, quando ricevono l’ordine di decollare insieme a un squadrone di aerei per andare a bombardare i dimostranti a Bengasi. Gli aerei si abbassano fino ad una quota di 500 piedi e, mentre gli altri bombardano la folla, i due piloti decidono di virare verso Malta. I due spiegano di non aver scelto l’Italia perché in base al trattato italo-libico avrebbero potuto essere rimpatriati.
Due elicotteri Quasi contemporaneamente ai due Mirage sono giunti a La Valletta due elicotteri civili con a bordo sette persone, di cui una sola con i documenti, che hanno detto di essere francesi, dipendenti di una compagnia petrolifera in Libia. Dopo i due colonnelli che hanno disertato atterrando con i loro Mirage a Malta per non sparare sulla folla come gli era stato ordinato, altri due piloti hanno fatto lo stesso. I due ufficiali, riferisce al Jazeera, non hanno accettato, come hanno fatto altri colleghi, di aprire il fuoco sui manifestanti e si sono rifugiati in una base aerea vicina a Bengasi, una zona "controllata" dall’opposizione.
I miliziani di Gheddafi La repressione contro i manifestanti ha il volto di centinaia di mercenari originari dell’Africa sub sahariana: Ciad Nigeria e Benin. È a loro che il leader libico ha affidato la gestione dell’ordine pubblico nel Paese. Quattro aerei carichi di mercenari sarebbero atterrati nei giorni scorsi all’aeroporto Benina, vicino a Bengasi. Questi soldati, originari soprattutto di Nigeria e Ciad sarebbero agli ordini di Khamis Ghaddafi, figlio del colonnello e comandante di una temuta unità speciale delle forze di sicurezza libiche. Proprio Khamis avrebbe ordinato ai miliziani di aprire il fuoco contro i manifestanti. Alcuni aerei che trasportavano "mercenari africani" sarebbero atterrati nelle ultime ore anche all’aeroporto militare di Mitiga, 11 chilometri a Est di Tripoli.
I milizani avrebbero quindi indossato delle uniformi dell’esercito libico. I miliziani sarebbero pagati circa 500 dollari al giorno, mentre altre fonti sostengono che hanno ricevuto un compenso complessivo di 18mila dollari.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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