"Giù i tassi a novembre". Ma perché non subito?

La Banca centrale europea la settimana prossima taglierà i tassi di interesse. E, con tutta probabilità, li porterà dall’attuale 3,75 al 3,25 per cento. Ieri il presidente della Bce, il francese dallo stile Bundesbank, Jean-Claude Trichet, ha detto: «È possibile che nel prossimo Consiglio, che si riunirà il 6 novembre, la Bce decida di tagliare i tassi di interesse». Insomma si tratta di un «taglio dei tassi telefonato». Ma perché il superbanchiere invece di agire, si limita ad annunciare? Cosa c’è dietro a questo comportamento della banca con sede a Francoforte?
Il problema fondamentale è rappresentato dalle aspettative del mercato. Siamo nel mezzo di una grande crisi borsistica che alimenta un nervosismo eccezionale sulle piazze finanziarie. I banchieri centrali hanno compito molto difficile: rassicurare i mercati, senza rompere il loro tradizionale rigore. Domani la Fed, con tutta probabilità, taglierà anche essa i tassi di interesse di mezzo punto percentuale, portandoli così all’1 per cento. Trichet è dunque «tirato per la giacchetta». Non può stare fermo. Ormai le tensioni inflattive (e cioè il rischio che i prezzi aumentino) si sono diradate. La crisi finanziaria ha iniziato a contagiare l’economia reale e il prezzo delle materie prime sta crollando: basti pensare che ieri il petrolio è sceso sotto i 60 dollari al barile. Ordunque, la Bce non ha nessuna scusa per mantenere i tassi all’attuale livello e per di più tre volte superiore a quello americano. Ma Trichet non vuole neanche eccedere con le sue mosse. Se, come alcuni si attendevano, avesse tagliato i tassi in contemporanea con la Fed, così come avvenne ad inizio ottobre, avrebbe dato un messaggio di drammatica urgenza. Non che non ci sia. Ma i segnali, in un momento in cui la fiducia è ai minimi termini, hanno un peso. La Banca ha preferito così non convocare una riunione di emergenza in contemporanea con quella ordinaria della Fed, ma ha scelto di operare il taglio in occasione del suo tradizionale incontro. Per di più in contemporanea con la Banca centrale inglese, che proprio il 6 novembre ha fissato la sua riunione.
Ai più, ovviamente, queste sottigliezze da banchiere centrale appaiono fuori luogo. Le Borse «bruciano» miliardi di capitalizzazione, le banche continuano a prestarsi quattrini tra di loro solo a prezzi folli. Ma i mercati ragionano invece con le aspettative, e su queste i banchieri centrali basano i loro comportamenti. Il forte deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro, avvenuto nelle passate settimane, è anche figlio di queste previsioni. La Banca centrale europea ha ancora molti margini per tagliare i tassi: e il mercato scommette che da oggi a sei mesi la differenza dei tassi di interesse tra Europa (euro) e America (dollaro) si riduca dall’attuale 2,25 per cento all’uno per cento. In sostanza le valute iniziano a riflettere la situazione per la quale le economie delle due sponde dell’Atlantico nei prossimi mesi avranno tassi di interesse, e dunque rendimenti sulle rispettive valute, più allineati rispetto ad oggi.
Per imprese e cittadini le cose sono un po’ diverse. Il tasso fissato dalla Bce si scontra con quelli di mercato che continuano ad essere artificialmente alti. Basti pensare che le banche si prestano quattrini tra di loro all’1,20 per cento in più del tasso di riferimento europeo. Nel passato ciò non avveniva. È la famosa mancanza di fiducia che i banchieri manifestano tra di loro: chi ha i liquidi, banche comprese, se li tiene stretti e se proprio deve prestarli lo fa con saggi di interesse ben superiori a quelli fissati dalla Bce. Il panorama sta molto migliorando, ma il mercato dell’interbancario (così si chiamano i prestiti tra banche) è ancora gelido. Eppure di liquidità in giro ce n’è parecchia. Nei forzieri della Banca centrale europea sono depositati 200 miliardi di euro, remunerati a quattro soldi.

Come dire: pur di impiegare i soldi in maniera certa li do alla Bce, anche se me li paga a tassi ridicoli. Su questo fronte Trichet può fare poco, pochissimo. Ha già inondato il mercato di liquidità, e tra poco la renderà anche meno cara. Ora sta al sistema economico riprendere a girare.
Nicola Porro

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