Già libero uno dei killer del benzinaio di Lecco

Il ragazzo, condannato a 9 anni, all’epoca era minorenne. Rientrerà in cella quando ci sarà il verdetto definitivo

Anna Savini

da Lecco

A sparare il colpo al cuore che uccise il benzinaio era stato Davide. Ma Elia era con lui durante il tentativo di rapina finito con il delitto di quell’inerme benzinaio. Davide Ciancaleoni, 20 anni, è ancora in prigione. Elia di Domenico, 19 anni compiuti all’istituto minorile Beccarla, invece è già libero. È uscito ieri dal Beccaria di Milano, poco prima di mezzogiorno. Arrestato l’11 dicembre del 2004, condannato a nove anni e 2 mesi di carcere, il ragazzo è stato scarcerato per scadenza dei termini di custodia cautelare. Manca ancora il giudizio di terzo grado e quindi, trascorsi due anni come vuole la legge, in attesa del giudizio definitivo le porte del carcere si sono schiuse riaprendo anche una ferita in casa di Giuseppe Maver, il benzinaio di Calolziocorte ucciso durante la rapina tentata dai due ragazzi.
«Sono scandalizzata - l’unico, laconico commento della figlia della vittima, Tiziana- -. Il ricordo di mio padre è oggi più vivo che mai. Dopo neanche due anni dal suo assassinio uno dei suoi carnefici è già libero».
Orfano di padre e con una madre che si era fatta in quattro per mantenerlo con il suo lavoro da bidella e farlo crescere nel migliore dei modi, Elia di Domenico si è rovinato la vita il 25 novembre del 2004.
Aveva 17 anni, quando salì su uno scooter insieme all’amico Davide, che allora aveva 18 anni. Erano alla ricerca di soldi, si tirarono la sciarpa sul viso e si diressero verso il distributore «Tamoil» di Chiuso, l’ultimo quartiere di Lecco prima di Calolziocorte. Lì lavorava Giuseppe Maver, un uomo di 61 anni che aveva appena ringraziato i suoi clienti con un cartello: «1969-2004. 35 anni con voi. Un grazie di cuore dal vostro benzinaio». Meditava di andare in pensione, Giuseppe, per dedicarsi al nipotino, ma quella sera era ancora al lavoro.
Era buio e faceva freddo. Maver aveva già sventato un tentativo di rapina l’8 dicembre del 1998. Un bandito gli aveva puntato addosso alla pistola, ma lui era riuscito a metterlo in fuga. Quando vide quei due ragazzini reagì ancora. Gli fu fatale: un colpo di pistola lo centrò al cuore.
Sua moglie Maria Teresa, assistette in diretta alla morte del marito. La pistola l’aveva Davide.«Non so perché ho sparato. Mi è partito il colpo», disse ai carabinieri quando lo andarono a prendere. Ma rischiava grosso, il ragazzo. Rischiava perché non era stato lui a costituirsi alle forze dell’ordine. Era Elia, quello che era crollato. Con il rumore dello sparo negli occhi e quell’uomo morente davanti agli occhi, il giovane aveva perso il sonno e l’appetito. Troppa tensione, troppi rimorsi. Senza contare tutto quel parlare che facevano giornali e tv di quell’omicidio e della taglia di 25mila euro voluta dal ministro Roberto Calderoli per chi avesse aiutato a catturare gli assassini. Pure il ministro Castelli era d’accordo, anche se Tiziana Maver, la figlia del benzinaio e suo marito Marco Invernizzi chiedevano solo giustizia. Elia vedeva le loro facce alla televisione, vedeva le loro lacrime e sentiva che non si sarebbe potuto tenere quel segreto nel cuore per tutta la vita.
Dopo sedici giorni di tormenti, con gli occhi preoccupati della madre addosso, l’11 dicembre il ragazzo crolla. Racconta tutto alla mamma che lo porta dall’avvocato. Dallo studio del legale alla caserma dei carabinieri il passo è breve. Elia scoppia a piangere e racconta tutto. E dai carabinieri finisce anche Davide, trovato a ciondolare fuori da un centro commerciale di Lecco. Il diciottenne confessa, si scusa.

Ai militari raccontò poi di averla comprata da un extracomunitario a Milano e i carabinieri hanno sempre sospettato che non fosse la prima rapina tentata, o fatta, da questo «ragazzo difficile», come l’hanno descritto i vicini.

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