L'ombra del mostro si allontana, balugina come una fiammella pronta a spegnersi. Mentre ne spunta un'altra forse meno buia, almeno nell'immaginario delle paure collettive, di quelle che potrebbero diventare psicosi, ma che non per questo modifica l'orrore. La bella Melania, al secolo Carmela Rea, ventinove anni da compiere, molto probabilmente conosceva chi l'ha portata via e poi massacrata in un giorno da picnic. In uno di quei modi che si pensano di vedere solo negli horror di celluloide.
Rivediamo la scena. Lei lì in compagnia del marito soldato, a giocare con la figlioletta di 18 mesi in un luogo fotocopia dell'Eden. Il pianoro di Colle san Marco, un chiosco, un ristorantino vicino al campo giochi, qualche villetta sparsa attorno, la pineta, i faggi. Un luogo considerato sicuro, tranquillo. La piccina sull'altalena. «Vado alla toilette del rifugio, quando torno ti porto un caffè» dirà al marito intorno alle 3 del pomeriggio. Duecento metri di strada. Duecento metri che sembrerebbero averla inghiottita in una trappola mortale.
Ieri in tarda mattinata i sostituti procuratori di Ascoli Piceno Umberto Monti e Greta Aloisi di Teramo, insieme col comandante dei carabinieri Alessandro Patrizio, hanno provato a ripercorrere il film di quel maledetto lunedì 18. Facendosi accompagnare dal marito, il caporalmaggiore Salvatore Parolisi in servizio presso il 235° Reggimento Piceno. Trent'anni, occhiali scuri, capelli cortissimi, e una barba che comincia a farsi incolta quasi a proteggere il volto segnato. Con lui anche il fratello maggiore Rocco, poliziotto, due sorelle, il fratello di Melania, Michele Rea, e alcuni cugini, che da quando è stato scoperto il corpo della moglie non lo lasciano mai solo. Il ciak scatta intorno a mezzogiorno e gli «attori» girano per ore. Seguendo le parole di Salvatore, la sua mimica, ripercorrendo con lui strade e movimenti, cercando conferme ma anche di sciogliere dubbi. Sì, perché a quanto pare, non tutta la versione dell'uomo convincerebbe appieno gli investigatori. Qualcosa non torna, cosa non si sa.
Non ci sono indagati, per ora. Si lavora a 360 gradi, ma partendo dall'ultima persona che l'ha vista: il giro di Salvatore Parolisi con gli investigatori, dura quasi sei ore. Alla fine un'auto civetta lo riaccompagna verso Ascoli. Prima di salirci era crollato in lacrime: «Avrei dovuto fare di più, dovevo insistere per accompagnarla...»
Nel frattempo si esaurisce il giallo del testimone anonimo, ovvero l'uomo che avvisò il 113 mezz'ora dopo aver trovato sul suo cammino, il cadavere martoriato della bella Melania. È un anziano cercatore di funghi, è stato identificato: ha telefonato una volta sceso dalla Montagna dei Fiori, lungo il versante Teramano.
L'autopsia effettuata l'altro pomeriggio intanto ci racconta che l'omicida ha infierito sulla giovane mamma con ferocia, gli esperti dicono «delitto d'impeto», «di rabbia», colpendola anche dopo morta. Trentacinque coltellate (forse con un serramanico), una siringa piantata nel petto e un tappo spinto nell'organo genitale. Il corpo nudo dalla cintola in giù. Il telefonino accanto. Tutto materiale finito al Ris di Roma, reperti che potrebbero risultare decisivi a fini dell'inchiesta. Risolto infine anche un altro mistero, quello della seconda carta Sim trovata dai carabinieri. Era in un cassetto di casa, e anche il marito sapeva di quella scheda. Melania, aveva stipulato un particolare contratto- uno di quelli che permettono di parlare gratis con alcuni numeri definiti- e lei la utilizzava solo per chiamare i suoi familiari a Somma Vesuviano. Insomma nulla di strano, niente che al momento possa far pensare a una doppia vita. Saranno semmai i tabulati telefonici, da incrociare con chi all'ora della scomparsa si trovava agganciato alla cella più vicina a Colle San Marco, a dire qualcosa di più.
Così mentre per il caporalmaggiore proseguiva ieri il giorno più lungo, è toccato allo zio paterno e a un cugino porgere l'estremo saluto a Carmela. Erano le 18 quando il feretro è stato sigillato. Martedì i funerali.
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