Giorgio Guazzaloca: "Mi sento Wiesenthal: lui cacciava i nazisti, io soltato i cretini"

Conquistando la poltrona di sindaco di Bologna, Guazzaloca segnò il declino del vecchio Pci. Oggi scrive libri di ricordi e ritratti: «La politica? Resta una grande passione»

Giorgio Guazzaloca: "Mi sento Wiesenthal: lui cacciava i nazisti, io soltato i cretini"

Il «Guazza» non molla. «Mi picchiano duro ma io restituisco colpo su colpo». È al terzo trapianto di midollo: colpa di un mieloma che gli tiene compagnia da più di 10 anni. La malattia se n'era andata, poi è tornata, accompagnata dagli acciacchi legati alle cure. Nella sua bella casa a cinque minuti da San Petronio è rilassato e sorridente, ma dietro l'apparente bonomia emiliana i giudizi sono taglienti come sempre. Taglienti come nel giugno del 1999, quando fece cadere l'altro muro: dopo Berlino, Bologna. Alla guida di una lista civica il «Guazza», Giorgio Guazzaloca, ex presidente della Camera di Commercio, riuscì a sloggiare da Palazzo Accursio quello che era stato il Partito comunista. Per la prima volta nella storia repubblicana il capoluogo non aveva più un sindaco «rosso».

«A volte penso che la vera fine del vecchio Pci sia iniziata allora», ricorda. «Da quel momento in poi cominciò ad avvitarsi. Dopo il mio mandato paracadutò qui Cofferati, che non era di Bologna, non conosceva la città e nemmeno l'attività di amministratore. Via via il vecchio partito è tramontato, e il sigillo a questo tramonto è stato l'arrivo di Renzi». Sul premier Guazzaloca non risparmia sarcasmo e diffidenza. «Non è un tipo di quelli che mi piacciono. Non è nelle mie corde: troppa sicurezza, troppo petto in fuori, dalle mie parti quelli così li chiamano sboroni. Certo di cose ne ha fatte. Anche se non sono quelle che dice lui». Per l'ex sindaco di Bologna Renzi ha sì rottamato qui e là, ma senza essere in grado di dare all'Italia una prospettiva e una direzione di marcia. «Per carità, quello che c'era prima era un disastro: un sistema ingessato, consociativo, bloccato dai veti, fondato sulla chiacchiera. Quando sentivo le parole “mettiamoci intorno a un tavolo” mi veniva voglia di tirar fuori la pistola». Ma Renzi, allora, che cosa ha fatto? «A sinistra ha annichilito il sindacato. E fin qui siamo d'accordo: aveva una forza politica assurda e sproporzionata al suo ruolo. A questo aggiungo che per la prima volta le coop sono in difficoltà. Sui giornali in questi giorni leggiamo le storie dei Mario Chiesa del mondo cooperativo. Abbiamo alzato solo un lembo del tappeto e non sappiamo dove si andrà a finire. Ma di sicuro le potenti coop oggi devono rincorrere gli eventi. Non è mai successo, fino ad ora erano loro a dettare il gioco. Ma la destra, intanto, non è che stia poi meglio: è rimasta Berlusconi-dipendente e non è ancora in grado di esprimere nuovi leader e figure di riferimento. In pratica da qualsiasi parte si guardi si è aperta una prateria: non c'è il centro, non c'è la destra, la sinistra non si sente tanto bene». Mao Tse Tung commenterebbe che la confusione è grande sotto il cielo e la situazione è eccellente. «Sì, ma quello che dico io è questo: quando avremo smontato tutto, come ripartiremo? L'Italia, dalle famiglie ai comuni senza un soldo, è allo stremo».

Della politica oggi Guazzaloca è uno spettatore. «Attento e tutt'altro che disinteressato», spiega, «visto che è rimasta una grande passione intellettuale». Nell'autunno del 2014 ha lasciato l'ultimo incarico ufficiale, quello di consigliere di amministrazione della milanese Mediobanca. Di recente ha scritto un paio di libri: uno di ritratti di bolognesi celebri, l'altro di ricordi e testimonianze personali. «Agli amici dico che mi sento come il cacciatore di nazisti Simon Wiesenthal. Solo che io vado a caccia di cretini. E con gli anni diventa sempre più difficile. Una volta c'era lo scemo del villaggio, riconoscibilissimo. Oggi il cretino ha una laurea, parla due lingue, ha tre telefonini. Si nasconde dietro l'apparenza, ma rimane un cretino».

Di fronte alle battute il «Guazza» non si è mai tirato indietro. E nei giudizi non gli è mai piaciuto usare il bilancino. Tanto meno oggi quando parla di due sue vecchie conoscenze, bolognesi come lui, Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini: «Casini è il mio migliore amico, lo stimo molto. Se fosse stato meno bello avrebbe fatto più carriera. Gli italiani hanno un'altra immagine del politico: più macerato, meno alla mano. Fini è tutta un'altra questione. Pier più lo conosci e più lo apprezzi. Per l'ex numero uno di An è esattamente il contrario. E non lo dico ora, ma lo misi nero su bianco a suo tempo». Il rapporto tra i due è sempre stato burrascoso. Secondo il racconto dello stesso Guazzaloca, quando decise di ricandidarsi, Fini, allora presidente della Camera dei deputati, dichiarò che aveva stima per lui e che aveva governato bene, ma per la candidatura bisognava valutare. A quel punto Guazzaloca fece diffondere dalle agenzie un giudizio tranchant : «Fini dice di avere la massima stima per me, ma io non ne ho nessuna per lui».

È questo il personaggio Guazzaloca al suo meglio, spontaneo e con il vezzo di dire sempre pane al pane e vino al vino. È quello che in campagna elettorale si faceva fotografare mentre, da ex macellaio, lavorava con competenza delicati tagli di carne. E al personaggio corrisponde una bella storia, tanto da attirare l'attenzione del regista Monicelli che accarezzò l'idea di farci un film.

Nato nel 1944, il piccolo Giorgio passava le giornate nella macelleria del padre. Bocciato nelle prime classi dell'avviamento, chiuse con gli studi avendo al suo attivo solo la licenza di quinta elementare. «Vecchie storie», sbuffa appena. «Ma lei se vuole le racconti pure, non me ne vergogno certo. Diciamo che mi accorsi subito di aver fatto un errore a smettere di studiare». Così, al lavoro in macelleria, prima in quella del padre, in seguito nella sua, si affiancò la passione per la lettura. «Leggevo libri di tutti i tipi, in maniera disordinata. Poi ho conosciuto un professore, Arturo Mora, docente di veterinaria, più vecchio di me di qualche anno. Ha incominciato a guidarmi e consigliarmi. Quando sono stato eletto sindaco era già morto. Sono andato a salutarlo al cimitero di Fratta Polesine, è sepolto accanto a Giacomo Matteotti».

A forza di buone letture il «Guazza» è diventato un attento collezionista di citazioni e aforismi («Senta questo, è di un autore svedese, Bjorn Larsson, ne ho fatto un po' il mio motto: “Ho sempre inseguito più la libertà che il successo”»). Tra i suoi autori preferiti Gianni Brera e Indro Montanelli. «Montanelli l'ho conosciuto, sono andato a Milano a trovarlo. Sapevo talmente a memoria quello che scriveva che quando lo intervistavano in tv riuscivo ad anticipare le risposte che avrebbe dato. Quando è morto sono andato un paio di volte a Fucecchio, dove è sepolto».

Dopo vent'anni e passa da macellaio a tempo pieno, tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Ottanta, Guazzaloca diventa un protagonista della vita associativa della categoria. Viene nominato presidente nazionale, poi entra in Confcommercio, arriva alla poltrona di vice presidente. Infine la candidatura a sindaco. «Abbiamo vinto per un insieme di fattori. Con Zangheri era finita la razza dei buoni amministratori del Pci. E il mito della Bologna rossa un po' alla volta non ha retto più. Ma l'importante è stato il fatto che eravamo una lista civica vera. E la gente l'ha capito. Dopo di noi sono arrivate quelle finte, un modo mascherato e ipocrita per nascondere la cattiva fama della politica o di certi politici». A fermare l'ondata del nuovo non è bastata nemmeno l'inesperienza amministrativa. «Non eravamo degli sprovveduti.

Ma soprattutto abbiamo scelto dei collaboratori di alto livello. Per un sindaco o un ministro è fondamentale. Oggi molti politici non se ne rendono conto. Non hanno una struttura, non capiscono nemmeno quello che fanno. Così diventano prigionieri di burocrati e lobbisti».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica