Il grande commiato di Paolo Maurensig

Paolo Maurensig (Gorizia, 26 marzo 1943 - Udine, 29 maggio 2021). Nel suo ultimo romanzo tornano due temi presenti in "Canone inverso" (la potenza della musica) e "La variante di Lüneburg" (il nazismo)

Il grande commiato di Paolo Maurensig

Un re bemolle: è la nota emessa dalla bara di Max Brentano quando viene raggiunta dalla manciata di terra gettata dal protagonista dell'ultimo romanzo di Paolo Maurensig. Osservazione scusabile, visto che a farla è il secondo violino di un quartetto d'archi; il primo, a meno di non estendere la nozione di orecchio assoluto fino a farle oltrepassare la soglia della morte, non dovrebbe aver colto granché della vibrazione. A proposito: l'autore è scomparso lo scorso maggio ed è difficile non essere sopraffatti dal sospetto di una prefigurazione: Il quartetto Razumovsky (Einaudi) dispiega uno splendido, eccitante funereo non appena la voce narrante annuncia di essere imprigionata nel braccio della morte; in fondo, però, è la scomparsa della memoria, conseguenza di un incidente stradale, a rendere drammatica la situazione: con il condannato che teme di essere stato incastrato da qualcuno che, approfittando della sua amnesia, gli ha messo nelle mani un finto diario per convincerlo di essere un assassino.

L'intreccio è purissimo Maurensig, diranno gli ammiratori dello scrittore udinese, ed è solo l'inizio: perché poi si tratterà di ricostruire gli eventi che hanno condotto a tal segno ed è qui che il romanzo si distende in tutto il suo fascino, muovendosi su due piani temporali. Il primo riguarda alcuni scheletri del Terzo Reich mai rimossi dagli armadi ed anzi come in trepida attesa di rimpolparsi. Il quartetto del titolo, che prende il nome da alcune composizioni di Beethoven, è composto dai violini Max Brentano e Rudolf Vogel e dalla viola Benedict; l'archetto del violoncello lo muove una donna, Victoria. Suoneranno di fronte al Führer, con un successo rilanciato dalla radio del regime. Il sodalizio è minato da una pulsione innominabile: Max è l'amante di Victoria, ma Rudolf è innamorato di Max. Non sarà il caso di mettere qualche zelante burocrate sulle tracce della violoncellista, o meglio della sua ebraicità? In seguito la guerra, con la sua brutalità, disperderà il gruppo. Il secondo piano temporale riguarda gli anni Settanta, quando la componente maschile del quartetto si ritrova in una delle comunità tedesche del Montana. Benedict vede ogni tanto Max senza che accada nulla, ma quando Rudolf lo riconosce su una panchina mentre getta del cibo ai piccioni si verifica l'incredibile. I tre decidono di ricostituire il quartetto, il che vuol dire dare la caccia a Victoria. La troveranno sul letto di una casa di cura, affetta da demenza senile. Quando la donna riceve la visita dei tre musicisti ha un sussulto. Cosa accadrebbe se, magari grazie ad un farmaco, tornasse in sé anche solo per un istante? Chi accuserebbe?

Il quartetto Razumovsky rende ancora più evidente sia il talento sconfinato di Maurensig per il romanzesco, sia la capacità ineguagliata di neutralizzarne gli spiriti animali grazie allo stile controllato, all'ambientazione elegante, all'impiego di personaggi colti e raziocinanti; una pratica rara in Italia e invece normale nel paese dei Maugham, dei Durrell e in fondo di tutti i nipotini di Henry James. Qui il gioco ruota attorno ai ghiacciai della memoria il cui scongelamento controllato è predisposto con inarrivabile maestria.

La musica era al centro di Canone inverso, e il nazismo domina l'opera più celebre dello scrittore, La variante di Lüneburg. Questo è solo un romanzo, ma se qualcuno ha mai creduto alla favola dei cinquanta milioni di tedeschi denazificati dalle conferenze di Adorno forse sentirà il bisogno di ricredersi.

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