La Grande guerra non è finita, al fronte c’è un soldato che manda valanghe di «mail»

Un professore inglese pubblica in un blog le lettere scritte dal nonno nel 1917

È come un film, o una telenovela, ma con il sapore aspro di una realtà vissuta in prima persona. È un blog, vale a dire un «diario in Rete», ma non è scritto da un vivente. L’idea è stata di Bill Lamin, un insegnante inglese di 59 anni che abita in Cornovaglia: pubblicare, a esattamente 90 anni di distanza, e a partire dal febbraio 2007, le lettere che il nonno, William Henry Bonser Lamin, scrisse al fratello Jack e alla sorella Kate dal fronte della Prima guerra mondiale.
Bill Lamin ha raccolto tutto il materiale e lo ha messo in ordine cronologico. Ma ha deciso di pubblicarlo sul blog wwar1.blogspot.com a puntate, rispettando la cadenza originaria e dunque anche i periodi di vuoto tra una missiva e l’altra, o perché il soldato era impegnato in azioni di guerra, o perché molte delle epistole sono andate perdute. Henry partì nella primavera del 1917. Non aveva ancora trent’anni e lasciava al paese d’origine, Ilkeston, nel Derbysgire (dove lavorava come operaio tessile), la moglie Ethel e un bambino, Willie, di un anno.
Negli ultimi mesi il pubblico di questo blog è aumentato e la notizia è rimbalzata sulla stampa. Sono ora parecchie migliaia coloro che seguono con passione gli accadimenti del soldato semplice Henry Lamin, componente del Nono battaglione del Reggimento York & Lancaster. Sono, come recita il sobrio titolo del blog, le «Esperienze di un soldato inglese nella Prima guerra mondiale». Un compendio di quotidianità e di antiretorica. Ma i fatti parlano chiaro e ci mettono di fronte a quel massacro privo di senso che andò dalle Fiandre alle trincee del Carso, «l’inutile strage», come la definì papa Benedetto XV.
Il tono usato da Henry è pacato, quasi non volesse preoccupare il fratello Jack, pastore anglicano, o la sorella Kate, infermiera. Che la guerra non fosse un compendio di eroismi è cosa perfino banale. Un conto è rileggere Nelle tempeste d’acciaio di Ernst Jünger, un altro Erich Maria Remarque o Emilio Lussu. Il 1917, in particolare, è «l’anno terribile». Alla fine di luglio i britannici attaccano in Belgio, presso Ypres. Passa alla storia come la battaglia di Passchendaele, dal nome di un villaggio conquistato. Ma gli inglesi lo pronunciano Passion-dale, perché quell’azione è un calvario. Impantanati nel fango, perdono 250mila uomini.
Henry è stato ferito al volto da una scheggia di shrapnel e non è neanche andato dal medico. Il nemico, chiamato «Fritz» con macabra familiarità, arriva a tutte le ore, magari alle cinque del mattino, o durante il pasto di mezzogiorno. «Per noi è stata dura», racconta Henry ai fratelli, «ma per Fritz anche di più. Non molti di loro sono tornati indietro». Di certo Henry partecipa alla battaglia di Messines Ridge, nel giugno ’17. Rimane seppellito da un mucchio di terra, ma se la cava. Nel frattempo, il diario ufficiale del Reggimento, che Bill Lamin pubblica parallelamente nel blog, descrive una situazione catastrofica, con perdite enormi e ingiustificate. A ottobre, gli italiani subiscono la disfatta di Caporetto. Per stabilizzare il fronte si richiede l’appoggio franco-inglese. Ed ecco allora il nostro Henry, appena scampato all’inferno delle Fiandre, ritrovarsi a Montebelluna, questa volta di fronte agli austriaci. Le lettere pubblicate ora sul blog riguardano appunto l’ultima parte del ’17 e l’inizio del ’18.
Il nipote Bill ha scelto di non correggere gli errori di ortografia, grammatica o sintassi (alcune lettere appaiono anche in originale, passate allo scanner). Henry scrive comunque in modo chiaro e diretto. Offre e chiede notizie sulla salute, domanda qualche pacco con beni di conforto come la cioccolata, ma non i sigari, che abbondano. Scherza sulla mancanza di rum. È contento perché la mattina di Natale gli è stata recapitata una scatola di biscotti. In qualche occasione Henry non nasconde l’orgoglio del combattente, fa un resoconto delle azioni del suo Battaglione e delle medaglie conferite. Per un attimo si crogiola nell’idea che una forse potrebbe meritarla anche lui, ma poi conclude che non gliene importa un granché.
Al momento, dal Diario del Battaglione del 7 gennaio risulta che Henry è stato rimandato in prima linea. Tra pochi giorni si saprà se ad arrivare ai familiari sarà un’altra sua lettera o il tanto temuto telegramma del ministero.
Intanto al blog i commenti dei lettori affluiscono a centinaia. Tutti ammirati e coinvolti. Tutti curiosi di sapere come andrà a finire (ricordiamo che l’armistizio viene firmato l’11 novembre 1918). Molti sono italiani, i nonni hanno combattuto in quelle trincee.

Ma, indipendentemente dalla nazionalità, sembra prevalere uno stato d’animo: in guerra vanno e muoiono soprattutto i poveri cristi. Si ricorda che il presidente americano Wilson l’aveva definita «l’ultima di tutte le guerre». Ci si confronta mesti con il senno di poi. Se Henry avesse saputo...
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