La grande paura all’aeroporto scatenata da un semplice bacio

Si fa presto a dire «va’ dove ti porta il cuore». Lui, un anonimo e moderno John Doe americano, quell’appello dei sentimenti lo ha raccolto. Eccome. E guarda un po’ te com’è andata a finire. Con un grande e moderno aeroporto paralizzato, migliaia di passeggeri rimasti a terra e legittimamente imbufaliti, un inquilino della Casa Bianca sull’orlo di una crisi di nervi, i fresconi ai vertici della Cia a tremare per la cadrega e, quel che è peggio, con il mondo intero ripiombato nel caos e nella paura del terrorismo pochi giorni dopo il fallito attentato al volo Delta da Amsterdam a Detroit. Mentre lui, sicuramente un bravo cittadino rispettoso delle leggi - al massimo un po’ pirla -, che senza saperlo ha corso il serio rischio di finire nella lista dei sospetti fiancheggiatori di Al Qaida. Mani alla nuca, sdraiato per terra, la canna del mitra ficcata in mezzo alla schiena.
Sì, perché il putiferio scoppiato e andato in onda quasi in diretta su tutte le tv del mondo, il 3 gennaio scorso, allo scalo di Newark, è successo unicamente per colpa di un bacio. Nessuna bomba, niente preservativo al plastico o mutanda da distruzione di massa infiltratasi all’interno della Safety Area, quella che dovrebbe essere di sicurezza. Solo l’ultimo bacio alla morosa prima di vederla partire per uno dei mille luoghi sperduti in mezzo al nulla del grande corpaccione americano. Uno di quei puntini dai nomi strani come Kalamazoo, su nel gelo del Michigan, o Corpus Christi, laggiù tra i cactus del Texas.
Resta il fatto che se non ci fosse da piangere, si potrebbe sorridere. Piangere, senz’altro, constatando quale colabrodo possa essere ancor oggi un importante aeroporto e proprio nel Paese che ha subito il più colossale attentato terroristico della storia. Sorridere, invece, apprendendo che tra le poche - in realtà quasi nessuna - telecamere di sicurezza in funzione quel giorno a Newark, c’era proprio quella che ha ripreso il bacio galeotto. Il filmino parla da solo, come lo spot di una marca di cioccolatini: lui che saluta lei, già oltre la security; la bella che risponde e torna sui suoi passi; e infine lui, grande, grosso e ciula, che non ce la fa proprio, oltrepassa la barriera e corre a stringersela tra le braccia, perdendosi poi con lei lungo un corridoio. Il tutto con la complicità di uno degli addetti alla sicurezza - si vede anche lui, nel filmino, e si sa che è già stato sospeso dal lavoro - allontanatosi chissà perché dal suo posto di controllo.
Dopo di che, è rimasta soltanto la titanica figura barbina dell’Homeland Security Usa, l’autorità che quando sbarchi si preoccupa sempre di chiederti se in valigia nascondi sementi o pericolosissimi pacchi di spaghettini numero 5. Ed è rimasto, ovviamente, il gigantesco bivacco che abbiamo visto tutti e che nell’opinione pubblica americana ha finito per declassare proprio quell’aeroporto di Newark, nel New Jersey, a un tiro di schioppo da Manhattan, giusto al di là del fiume Hudson, divenuto da qualche tempo il più amato dai newyorkesi perché di concezione più moderna e più “fluida” rispetto al vecchio JFK.


E mentre il presidente Obama si scusa con il Paese addossandosi la responsabilità delle ripetute falle nel sistema di sicurezza, a lui, all’anonimo John Doe, sarà rimasta senz’altro la paura che adesso qualcuno lo possa riconoscere. Paura magari doppia. Hai visto mai che quella non fosse la fidanzata, o la moglie, bensì quella di un altro?

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