Il grande progetto per produrre solo energia verde

Copenaghen, modello per l'Europa, costruirà hub energetici totalmente "green" con investimenti pubblici e privati. Alt agli idrocarburi nel 2050

Il grande progetto per produrre solo energia verde

La transizione ecologica, con tempi e velocità differenti, avanza in tutt'Europa. Tra i primi della classe c'è sicuramente la piccola ma ingegnosa Danimarca, un vero laboratorio della eco-sostenibilità e della green-economy. Da tempo i sudditi della regina Margherita hanno sviluppato soluzioni innovative e intrapreso percorsi inediti puntando sulla «big salad», la grande insalata delle energie alternative, dal sole al vento, dalle maree sino all'idrogeno, il combustibile del futuro. A Copenaghen le imbarcazioni navigano lungo i canali cittadini grazie a pannelli solari e motori non inquinanti ed è danese anche la prima isola naturale al mondo 100 per cento rinnovabile, Samso, del tutto autonoma dal punto di vista energetico.

Una vocazione ambientale confermata lo scorso dicembre dalla non facile decisione presa dal governo di Copenaghen di fermare la concessione di nuove licenze per l'esplorazione di petrolio e gas nel Mare del Nord e chiudere dal 2050 l'estrazione di idrocarburi dai fondali marini. Un passo importante sinergico all'assai ambizioso piano per ridurre le emissioni di gas serra del 70 per cento entro il 2030 dai livelli del 1990 (le ha già ridotte del 40 per cento), nonché di centrare la neutralità climatica cioè azzerare le emissioni nette di CO2 entro il 2050 e, sempre per quella data, aumentare la capacità nazionale di energia eolica offshore di 25 volte. Ricordiamo che la Danimarca, grazie al suo clima ventoso, è da anni un campione dell'eolico onshore e offshore. Il primo impianto offshore su larga scala è stato installato nel 2002 e sono danesi il più grande produttore al mondo di turbine eoliche (Vestas Wind) e uno dei maggiori gruppi specializzati nell'eolico offshore (Orsted). Il progetto prevede una serie di tappe. Il primo passaggio, approvato lo scorso giugno dal Parlamento danese, è la realizzazione di due «energy islands», isole artificiali grandi inizialmente 120mila metri quadri ognuna, l'equivalente, metro più metro meno, di 18 campi di calcio. Le «isole dell'energia» verranno innalzate una nel Mare del Nord, a circa 80 chilometri al largo della costa occidentale dello Jutland, e l'altra nel Mar Baltico, precisamente sul Rønne Banke a poca distanza dell'isola di Bornholm. Le turbine avranno una capacità iniziale di 3 gigawatt sufficiente ad alimentare tre milioni di abitazioni per poi passare, entro il 2030, a 10 gigawatt; l'energia prodotta, una volta stoccata, tramite cavi sottomarini rifornirà l'intera Nazione oltre che le regioni settentrionali di Germania e Olanda. I costi stimati sono di circa 210 miliardi di corone danesi (28 miliardi di euro) e lo Stato danese avrà una quota di controllo su entrambi i progetti coinvolgendo i privati in una public-private partnership. Comprensibile, quindi, l'entusiasmo del ministro dell'Energia Dan Jorgensen alla presentazione del piano: «Questo è un grande momento per la Danimarca e per la transizione verde globale. Le isole offriranno un grande contributo alla realizzazione dell'enorme potenziale dell'eolico offshore europeo». Jorgensen non nasconde una punta di orgoglio: «Siamo all'alba di una nuova era per l'energia. L'Ue ha fissato l'obiettivo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 con un traguardo di 300 GW di energia eolica offshore. Costruendo il primo polo energetico al mondo con una capacità potenziale di 10 GW, la Danimarca contribuisce in modo significativo a questo ambizioso obiettivo». In più l'energia prodotta dal parco eolico di Rønne Banke consentirà il secondo, fondamentale, passaggio del progetto: l'avvio entro quest'anno della costruzione, nell'area di Copenaghen, di una maxicentrale per la produzione di combustibili green. L'installazione a regime la più grande del suo genere al mondo sarà dedicata esclusivamente al mondo dei trasporti ed entro il 2030 produrrà oltre 250mila tonnellate l'anno di eco-combustibile per navi, camion e aerei con una riduzione di 850mila tonnellate di emissioni annue di carbonio. Per il governo della signora Mette Frederikse politica socialdemocratica con inattese venature «sovraniste», come dimostrano le sue severe politiche sull'immigrazione islamica è una scelta strategica: investire su scala industriale sugli eco-carburanti (replicando il modello virtuoso della produzione di rinnovabili) per rilanciare l'economia nazionale dopo la crisi della pandemia. Non a caso il progetto vede impegnate, oltre allo Stato, le principali società dei trasporti e dell'energia: dal leader mondiale della navigazione Maersk al colosso dell'energia Ørsted, dall'aeroporto di Copenaghen alla compagnia aerea Sas fino alle multinazionali della logistica Dsv Panalpina e Dfds.

Tre le fasi previste. In primis, entro il 2023 verrà costruita una cella elettrolitica da 10MW in grado di produrre idrogeno rinnovabile per rifornire bus e camion. A partire dal 2027, l'impianto sarà ampliato a 250MW in virtù dell'energia prodotta dal parco eolico di Rønne Banke/ Bornholm; oltre a produrre idrogeno verde, la centrale sarà anche in grado di combinarlo con la CO2 catturata nell'area della capitale e produrre metanolo destinato ai trasporti navali ed e-keronese per quelli aerei. La terza tappa fissa l'ampliamento della capacità produttiva a 250mila tonnellate di eco-carburanti di vario tipo, grazie a un elettrolizzatore da 1,3 GW. Dulcis in fundo, l'installazione inoltre permetterà all'aeroporto di Copenaghen di ridurre del 30% l'utilizzo di combustibili fossili.

Risultato? L'Innovation Fund danese è un modello virtuoso reso possibile da un forte impegno economico, una fruttuosa sinergia tra Stato e imprese, e, soprattutto, da un quadro normativo innovativo e lungimirante.

«Grazie alle nuove leggi questo progetto può rappresentare un grande passo per la produzione di eco-carburanti ha spiegato Henrik Poulsen, amministratore delegato di Ørsted rafforzando il ruolo della Danimarca come global leader nelle tecnologie e nei modelli di business per un futuro sostenibile». Anche i piccoli Paesi possono (e sanno) pensare in grande.

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