La chiamata nella notte e la sorpresa: così Putin avvertì Lavrov dell'invasione

Il capo della diplomazia russa Sergej Lavrov sarebbe stato tenuto all'oscuro della decisione del Cremlino di invadere l'Ucraina fino a due ore prima dell'attacco. La rivelazione in un articolo del Financial Times

La chiamata nella notte e la sorpresa: così Putin avvertì Lavrov dell'invasione

Il ministro degli Esteri della Federazione russa, Sergej Lavrov, ha scoperto all'una di notte del 24 febbraio 2022, soltanto un paio d'ore prima dell'inizio delle operazioni militari, dell'invasione dell'Ucraina ordinata da Vladimir Putin. Lo riporta il Financial Times che ha pubblicato una lunga e articolata analisi contenente il retroscena dei primi attimi della guerra che oggi compie un anno. Lavrov fu svegliato da una telefonata notturna proveniente dal Cremlino e divenne, paradossalmente, una delle poche figure fuori dalla stretta cerchia con cui Putin aveva elaborato l'invasione.

La decisione che ha spiazzato Lavrov

Tale cerchia, secondo il Ft, si basava essenzialmente sul lavoro dell'intelligence erede del Kgb, l'Fsb, e su una ristretta cerchia di figure tra cui spiccava l'oligarca ucraino Viktor Medvedchuk. Lavrov stava giocando da diverse settimane un'attenta partita diplomatica in parallelo al consolidamento militare della Russia ai suoi confini occidentali volto a fare pressione sull'Occidente per ottenere le garanzie di sicurezza richieste. Da Liz Truss a Luigi Di Maio, diversi ministri degli Esteri europei si erano trovati spiazzati o messi in difficoltà di fronte alle trattative con Lavrov nelle settimane precedenti la guerra. E a livello internazionale Lavrov era ritenuto un diplomatico attento e un volto relativamente moderato del sistema di potere russo.

"La decisione ha colto Lavrov completamente di sorpresa", spiega il Ft. "Tenere Lavrov all'oscuro non era insolito per Putin, che tendeva a concentrare il suo processo decisionale in politica estera tra una manciata di stretti confidenti", ma sulle grandi questioni il Ministro degli Esteri aveva sempre potuto tenere in conto la possibilità di esprimere la sua opinione. E il giorno stesso, durante una riunione d'emergenza convocata al Cremlino con alti funzionari ed oligarchi, Lavrov scoprì che l'apparato della presidenza era stato in larga parte colto di sorpresa.

Putin sempre più isolato

Interrogato da un magnate perché si fosse materializzata la prospettiva di una guerra che molti, nella comunità imprenditoriale, ritenevano improbabile proprio per le devastanti conseguenze che avrebbe causato, il capo della diplomazia del Cremlino, in carica dal 2004, rispose che Putin di fronte alle decisioni fatali "ha tre consiglieri. Ivan il Terribile. Pietro il Grande. e Caterina la Grande", ovvero il primo zar di notorietà europea, il modernizzatore dell'Impero e la grande artefice della proiezione della Russia verso il cuore dell'Europa via Polonia e Ucraina.

Nel momento in cui la guerra è esplosa, Lavrov è stato di fatto messo ai margini. Chiuso lo spazio per la diplomazia, si è aperta la partita della sopravvivenza politica. E la marginalizzazione di fatto imposta a Lavrov con lo scoppio della guerra è sintomatica della decisione di Putin di avvertirlo all'ultimo della fine delle trattative con Kiev e l'Occidente.

Via le "garanzie di sicurezza" e gli accordi cercati tra feluche, avanti i carri armati e la retorica sulla denazificazione. Via i pontieri, avanti i genieri militari. E così via per un anno in cui Lavrov si è pian piano appiattito al ruolo di propagandista di guerra delle scelte del Cremlino.

Una scelta discutibile, certamente, ma che gli ha assicurato la sopravvivenza politica di fronte al cerchio magico guerrafondaio di Putin. Da cui, forse volutamente, è stato escluso mentre Mosca preparava la zampata che ha aperto l'anno della guerra che sconvolge l'Est Europa.

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