I punti chiave
La fiamma del sogno imperiale di Vladimir Putin in Ucraina non vuole spegnersi. Oggi, mercoledì 22 febbraio, il presidente russo ha partecipato alle celebrazioni per la giornata dei difensori della patria allo stadio Luzhniki di Mosca, intervenendo con una frase che forse meglio di qualunque altra sintetizza la cifra della sua politica estera: "La nostra – ha detto Putin – è una battaglia ai nostri confini storici, per la nostra gente". La solita retorica nostalgica e sciovinista, ma quali sarebbero questi confini storici rivendicati dallo zar?
Il panslavismo
Nel corso di tutta la sua storia, l'impero russo ha guerreggiato tra Europa e Asia contro numerosi Stati e staterelli, talvolta conquistando porzioni di territorio dopo delle spartizioni con le altre potenze. Oppure occupandole per primi, come pionieri. Il regno si estendeva per un periodo dalla Manciuria alla Polonia e all'Ucraina. Queste due nazioni hanno vissuto sotto il giogo russo per secoli, in particolare l'Ucraina, da dove tutto ebbe inizio nel Medioevo con il Rus' di Kiev.
Il panslavismo ha mosso la politica estera zarista per generazioni, prima di venire sostituito dalla parentesi sovietica. Questo disegno geopolitico immagina una Russia dominus del continente eurasiatico e getta le sue basi su una presunta superiorità culturale-religiosa slava e ortodossa. Una "Terza Roma", com'è stata ribattezzata dal monaco Filofej durante il Sedicesimo secolo nel commentare la caduta della prima Roma (l'originale) e la seconda (Costantinopoli), vittime dell'eresia che hanno spostato il baricentro dell'ortodossia a Mosca. Non dovrebbe sorprendere, dunque, che il patriarca Kirill abbia dato la sua benedizione alla famigerata "operazione militare speciale".
Putin è uno dei principali fautori di questa teoria politica, credendo fermamente nella rinascita della Russia imperiale come soluzione alle "degenerazioni occidentali". E non l'ha mai nascosto, essendosi circondato di intellettuali e consiglieri conosciuti per le loro posizioni estremiste e nazionalistiche, a partire da Alexander Dugin (sostenitore della "Terza Roma") e Vladislav Surkov. Il riferimento storico principale dello zar, non a caso, è un suo importante predecessore: Pietro il Grande. All'inizio del conflitto in Ucraina, Putin ha commentato così le gesta dello zar Pietro nelle guerre del Nord del Diciottesimo secolo: "Si potrebbe pensare che stesse combattendo con la Svezia, impadronendosi delle loro terre, ma non si è impadronito di nulla: le ha reclamate!", ha detto il capo del Cremlino, che ha poi precisato, riguardo ai territori invasi dell'Ucraina: "Sembra che sia toccato anche a noi reclamarla e rafforzarla".
Pietro il Grande, è bene ricordarlo, uscì vittorioso dalle guerre del Nord.
La longa manus di Putin sui vecchi territori russi
A tremare dunque sono soprattutto le ex repubbliche sovietiche, in particolare la piccola e neutrale Moldavia, dopo la revoca del decreto emanato nel 2012 dal Cremlino per rispettare la sovranità di Chisinau. Ma non solo. L'isteria ha coinvolto prima dei moldavi le repubbliche baltiche, abitate da numerose popolazioni di lingua russa, ma dove c'è l'ombrello della Nato a fare da contraltare. Questi Paesi hanno vissuto un breve ma intenso periodo di indipendenza e libertà dopo il collasso dell'impero russo nella Prima guerra mondiale, ma questa illusione di libertà fu interrotta dal terrore dell'Urss. Discorso a parte per la Finlandia, teatro della guerra del 1939 da cui i sovietici uscirono con le ossa rotte (nonostante la conquista della Carelia). Helsinki adesso teme per i suoi confini, avendo mantenuto per quasi un secolo una postura neutrale e mai troppo anti-russa che sta lasciando il posto all'inevitabile ingresso nel Patto atlantico.
Putin, che comunista non è, rivendica allora persino il retaggio sovietico? Per l'autocrate moscovita il crollo dell'Unione Sovietica, definita "la più grande tragedia geopolitica del Ventesimo secolo", è stato un trauma per il popolo russo, tant'è che negli ultimi decenni perfino la figura di Stalin è stata sdoganata. Non ha avuto la stessa sorte però il fondatore dell'Urss, Lenin, che nel discorso pronunciato da Putin l'anno scorso dopo l'invasione venne accusato di aver creato artificialmente una nazione che a suo dire non era mai esistita se non come sorella di quella russa: l'Ucraina.
"L'Ucraina moderna è stata interamente creata dalla Russia bolscevica", aveva detto il 21 febbraio 2022. Un'opinione, quella su Kiev, già espressa nell'estate del 2021 nel lungo articolo firmato dal presidente russo e intitolato Sull'unità storica di russi e ucraini, nel quale Putin respingeva l'idea che ucraini e bielorussi fossero entità autonome, affermando come invece fossero legate indissolubilmente a un'eredità e a un passato comune. Disprezzato anche Krusciov, colpevole di aver ceduto la Crimea all'Ucraina nel '54 per celebrare l'unione tra i due popoli, e Mikhail Gorbachev, artefice della dissoluzione del sistema sovietico. In poche parole, tutto ciò che ha indebolito l'irrefrenabile grandeur zarista nel corso della storia è antirusso e va dimenticato.
Per Putin, dunque, le frontiere storiche della nazione russa sono virtualmente tutte quelle che in passato sono state sotto la sovranità di Mosca o Pietrogrado, indipendentemente dalla situazione attuale.
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