L'ultimatum di Tel Aviv e le proteste del mondo arabo: cos'è successo tra Israele e Hamas

Israele ha bombardato 750 obiettivi a Gaza e intimato alla popolazione di lasciare il nord della Striscia entro le 20. Hamas ha definito "propaganda" l'ultimatum. Nel mondo arabo ci sono state manifestazioni in sostengo della causa palestinese, mentre l'Occidente ha fatto sentire il suo supporto a Tel Aviv con le visite di esponenti di alto rango

L'ultimatum di Tel Aviv e le proteste del mondo arabo: cos'è successo tra Israele e Hamas
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Il settimo giorno di guerra è iniziato con i continui bombardamenti di Israele nella Striscia di Gaza, con centinaia di obiettivi colpiti. A seguito dell'ultimatum dell'Idf è iniziato l'esodo della popolazione verso sud, mentre rappresentanti di alto rango dell'occidente sono arrivati a Tel Aviv per esprimere il loro supporto allo Stato ebraico. Dal canto suo, il mondo arabo si è schierato dalla parte di Hamas, con grandi manifestazioni a Teheran, Amman e Bagdhad.

Al centro del dibattito internazionale è rimasta la questione dei rifugiati, su cui si è espresso anche il presidente americano Joe Biden: "Affrontare urgementemente la crisi umanitaria a Gaza è una priorità. Non possiamo perdere di vista il fatto che la stragrande maggioranza dei palestinesi non ha nulla a che fare con Hamas"

I bombardamenti notturni e l'ultimatum

L’aviazione israeliana ha continuato la sua campagna notturna di bombardamenti, colpendo oltre 750 obiettivi tra depositi di munizioni, appartamenti di dirigenti di Hamas, tunnel e postazioni militari. Inoltre, l’Idf ha inviato un ultimatum alla popolazione del nord della Striscia: “Evacuate Gaza City in 24 ore”. Verso le sei di sera italiane, le forze israeliane hanno intimato i civili di allontanarsi entro le 20. Lo stesso invito è stato fatto all'ospedale Al Awda, a cui inizialmente sono state date due ore per spostare i pazienti, poi posticipate fino alle 6 del mattino locali (le 5 italiane).

L’organizzazione terroristica palestinese ha cercato di convincere la popolazione a restare, definendo l’ordine dell’esercito israeliano “propaganda” e chiudendo le strade con posti di blocco. Durante tutta la giornata, Hamas ha lanciato salve di razzi sullo Stato ebraico, prendendo di mira Ashod, Ashkelon e Tel Aviv. La maggior parte dei vettori è stata intercettata dalla contraerea. Sul confine libanese si sono registrate diverse esplosioni, da entrambi i lati della frontiera. Gli Hezbollah hanno rivendicato quattro attacchi a postazioni israeliane in risposta al fuoco di artiglieria dell’Idf. Nei bombardamenti israeliani nella zona sud del Libano wè stato ucciso un giornalista di Al Jazeera, Issam Abdullah, e tre suoi colleghi sono rimasti feriti. Nella notte, le forze armate israeliane hanno rinnovato gli attacchi contro l'organizzazione filo-iraniana, colpendo alcune loro postazioni con un drone.

In serata, l'esercito israeliano ha dato il via ad una serie di raid con fanteria e mezzi corazzati, con l'obiettivo di neutralizzare cellule di Hamas e trovare gli ostaggi, o almeno informazioni su dove sono tenuti prigionieri. Il primo ministro Benjamin Netanyuahu ha dichiato in conferenza stampa che "questo è solo l'inizio"

Il supporto dell'Occidente a Tel Aviv

Diversi esponenti di alto rango dell’Occidente hanno visitato Tel Aviv oggi. Primi tra tutti, il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani e il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin. Per entrambi, si è trattato di una prima tappa di un tour delle capitali mediorientali, con l’obiettivo di disinnescare la possibile estensione del conflitto in altre zone della regione.

Nel corso della giornata, sono atterrate a Tel Aviv anche il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock, il presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen e il capo dell’europarlamento Roberta Metsola. Tutti hanno espresso il loro supporto totale ad Israele e la condanna di Hamas per la ferocia e la brutalità del loro attacco alla popolazione civile.

Il mondo arabo si schiera con Hamas

Hamas ha rinnovato i suoi appelli ad una “giornata di rabbia” e il mondo arabo ha risposto. Baghdad, Teheran e Amman sono state teatro di grandi manifestazioni a sostengo della causa palestinese. In particolare, nelle strade della capitale iraniana erano presenti anche il capo dei Pasdaran (guardiani della rivoluzione) e il leader degli sciiti nigeriani, in visita in città.

La Giordania ha optato per il pugno duro, impedendo qualunque tipo di manifestazioni. Nonostante il divieto, migliaia di persone hanno affollato le piazze della capitale e un gruppo si è anche avvicinato alla frontiera con Israele. L’esercito lo ha intercettato e disperso con gas lacrimogeni. Inoltre, il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian ha incontrato in Libano il capo degli Hezbollah. L’organizzazione terroristica si è detta pronta ad intervenire nel conflitto “al momento giusto”.

Per quanto riguarda la questione degli sfollati, Egitto, Arabia Saudita e Kwait hanno pesantemente criticato

la "violazione del diritto internazionale umanitario" perpetrata da Israele e si sono detti contrari a qualunque tipo di spostamento forzato della popolazione palestinese dalle proprie case.

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