Washington - Hillary, ultima raffica. Di sondaggi, per ora, domani sera di conteggi, presto di conseguenze e decisioni. Mentre altre raffiche si preparano, non contro di lei ma contro il suo rivale Barack Obama, da un'altra direzione, dai sostenitori di un altro quotatissimo candidato alla Casa Bianca, il repubblicano John McCain. Si sono annunciate sulle colonne del Wall Street Journal, con delle «rivelazioni» in coincidenza con l'apertura di un processo per corruzione e frode contro uno speculatore immobiliare di Chicago che qualcuno sospetta possa aver fatto qualche «favore» finanziario a Obama, senatore del suo Stato. E c'è chi chiede che sia fatta chiarezza, quasi con le stesse parole con cui pochi giorni fa il New York Times aveva avanzato una simile rivendicazione a proposito dei rapporti, sentimentali o d'affari, fra McCain e una lobbista.
Sono i veleni di sempre di questa campagna elettorale. Ma passano in secondo piano di fronte all'ennesima prova del voto. Quattro Stati chiamati oggi alle primarie, repubblicane ma soprattutto quelle che contano, democratiche: il Vermont, il Rhode Island ma soprattutto Ohio e Texas. Nei progetti iniziali dovevano portare la corona completando il successo di Hillary Clinton nella corsa alla nomination democratica; gli eventi li hanno trasformati nella sua «ultima frontiera», anzi, dal momento che è del Texas che si parla, nel suo Alamo. Una denominazione adatta per diversi motivi, a cominciare da uno storico: dopo l'impetuosa avanzata di Obama (undici vittorie consecutive in altrettante primarie e caucus) la maggior parte dei «sottogruppi» in cui si articola l'elettorato Usa si sono venuti orientando verso il senatore dell'Illinois: prima i giovani, poi gli indipendenti, i diversi elettori repubblicani, poi la maggioranza del voto maschile. Dalla parte di Hillary restano le donne al di sopra dei 65 anni e gli «ispanici». Nel Texas ce ne sono milioni, concentrati proprio nelle aree in cui 150 anni fa il Messico cercò di difendere la sua sovranità sul Texas. Di qui il mito di Alamo, l'Alcazar di San Antonio e della «rivoluzione yankee».
Adesso i ruoli si sono invertiti: i «rivoluzionari» premono contro questa barriera, l'ultima del «vecchio ordine» nel Partito democratico e, secondo gli slogan di Obama, «dell'intera vecchia America», bisognosa di rinnovamento.
L'ultimo baluardo, l'ultima frontiera. Lo ha detto anche Bill Clinton, marito e, a corrente alternata, stratega della campagna di Hillary: «Se non vincerà qualcosa domani, mia moglie rischierà di brutto». La moglie si è affrettata a far sapere che continuerà a battersi anche nell'ipotesi più negativa, anzi nefasta: che Obama "passi" sia in Texas sia in Ohio. Le ultime rilevazioni di opinione pubblica sono contenute nel sondaggio che John Zogby ha condotto per l'agenzia Reuters e per il quotidiano texano Houston Chronicle. Obama sarebbe in testa in ambedue gli Stati, ma con un margine minimo: 47 a 44 per cento in Texas, 47 a 45 per cento nell'Ohio. In pratica due pareggi, perché nelle primarie democratiche è in vigore il sistema proporzionale. Ma l'effetto «morale» non ne sarà diminuito. Quello che conta è arrivare davanti, magari di un solo voto e nei suffragi popolari.
I risultati finali verranno dopo quando la botta sarà assorbita. In ogni caso la promessa di Hillary porta una nuova data: 22 aprile, primaria in Pennsylvania. Secondo quasi tutti gli altri per allora questa "guerra" sarà finita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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