I capi nascosti o uccisi. Hamas teme la disfatta

In Egitto trattano le due anime del movimento, ma non si sa chi ha davvero il potere decisionale

I capi nascosti o uccisi.  Hamas teme la disfatta

Momentaneamente scomparsi o definitivamente inceneriti? Gli interrogativi sulla sorte dei dirigenti di Hamas nella Striscia di Gaza non sono questione da poco. Ne sa qualcosa il generale Omar Suleiman, il capo dei servizi segreti egiziani impantanato in una difficile trattativa con le due delegazioni di Hamas presentatesi al Cairo per discutere un cessate il fuoco. Una arriva da Damasco e rappresenta l’ufficio politico in esilio guidato da Khaleed Meshaal. L’altra, emersa dall’inferno della Striscia, parla a nome della frastagliata leadership di Gaza divisa tra il pragmatico ex premier Ismail Haniyeh, il falco islamista Mahmoud Zahar e Ahmed Jabari, l’invisibile capo dell’ala militare. Di questi ultimi, l’unico a dar notizie di sé è Haniyeh, intervenuto ieri per paragonare la situazione della Striscia «a quella di Nagasaki e Hiroshima».

E mentre un altro portavoce di Hamas inneggia alla «vittoria più vicina che mai» ,il generale Suleiman fa i conti con le divisioni del movimento. Mentre gli emissari di Meshaal rifiutano una forza internazionale sui territori della Striscia, i tre «magi» emersi da Gaza fanno intendere che i loro capi potrebbero anche accettare le truppe straniere.

A far la differenza non contribuiscono solo le bombe israeliane. Dall’eliminazione, nel 2004, dello sceicco Ahmed Yassin e di Ahmed Aziz Rantisi, signori indiscussi anche se contrapposti di Gaza, l’organizzazione ha perso la sua monoliticità. A Gaza le elezioni dello scorso agosto per la nomina del Consiglio della Shura, l’organo esecutivo del movimento, hanno visto la vittoria dei falchi guidati dall’ex ministro degli esteri Mahmoud Zahar, ispiratore nel 2007 della cacciata di Fatah. La svolta ha tolto ulteriore autorità al pragmatico Ismail Haniye, un erede dello sceicco Yassin considerato più incline ai legami con i fratelli musulmani che con gli sciiti iraniani. In cambio di quella vittoria Mahmoud Zahar ha dovuto accettare di condividere parte del potere politico con Ahmed Jabari. La nomina, senza precedenti, di un capo dell’ala militare ai vertici della struttura politica ha segnato la definitiva consacrazione di un «colonnello» insediatosi, due anni fa, alla guida del braccio armato dopo un regolamento di conti interno. A favorire entrambe le fasi di quella scalata hanno contribuito gli ottimi contatti di Jabari con i pasdaran e con le altre strutture iraniane responsabili del riarmo di Hamas.

La crescente influenza dei protettori di Teheran rischia però di compromettere la capacita decisionale del movimento. Per convincere Meshaal e Marzoouk a non cedere alle richieste egiziane e a quelle dei colleghi della Striscia, Teheran, la scorsa settimana, ha spedito a Damasco il presidente del parlamento Alì Larijani e il capo dei servizi segreti Said Jalili.

Queste preoccupazioni di Teheran contribuiscono ad alimentare gli interrogativi sulla sorte di Jabari e sugli altri leader «oltranzisti» della Striscia che potrebbero esser stati uccisi.

Le voci sulla sorte di Jabari, dato per ferito o ucciso dalle bombe , si rincorrono dallo scorso 28 dicembre. Gli altri capi, rimasti a lungo rintanati in un bunker sotto l’ospedale Shifa di Gaza, come ha rivelato l’attuale ministro della sicurezza Avi Ditcher, sembrano ora nuovamente scomparsi.

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