I cappotti fanno la storia Così lo stile italiano dà lezioni alla moda russa

Il cappotto ideale arriva sulla piazza Rossa da Reggio Emilia e racconta la storia recente del nostro Paese a due passi dal mausoleo di Lenin, dentro le mura del Cremlino. Si chiama infatti «Coats! 60 anni di moda italiana» la mostra allestita presso lo State Historical Museum di Mosca per festeggiare il sessantesimo compleanno del Gruppo Max Mara. Aperta al pubblico da oggi fino al prossimo 10 gennaio (e già visitata in anteprima dalla nipote di Gorbaciov, Anastasia), la grande retrospettiva arriva in Russia dopo una marcia trionfale nei musei di Berlino, Tokyo e Pechino. «Questa sarà l’ultima tappa, e forse è la più importante: un evento a cui teniamo in modo particolare» annuncia Luigi Maramotti che guida l’azienda di famiglia insieme con i fratelli Maria Ludovica e Ignazio. «Prima di tutto se pensi a Mosca pensi a un paltò - continua - inoltre grazie a questa mostra anche i russi che fino agli anni Novanta non potevano viaggiare, potranno capire come si viveva oltre cortina».
In effetti tra gli ottantacinque capi esposti ci sono vere e proprie pietre miliari del costume: dai primi tailleur prodotti negli anni Cinquanta, ai primi modelli pensati per il pubblico giovane alla fine degli anni Sessanta. C’è una superba mantella creata da Karl Lagerfeld per Max Mara nel 1971 che sembra l’ideale preludio di quello stile maschile al femminile che è la miglior cifra stilistica di Chanel. Non mancano le spalle imbottite tipiche degli anni Ottanta. «Il cappotto deve offrire protezione e conforto, è come una casa che ti porti addosso» dice infatti Laura Lusuardi, fashion coordinator del Gruppo Max Mara che oggi produce ben 19 collezioni diverse. Non per nulla stiamo parlando di un colosso industriale che fattura 1,250 miliardi di euro all’anno con 5144 dipendenti e 2279 boutique in giro per il mondo, 80 delle quali proprio in Russia. «Siamo arrivati qui subito dopo la caduta del muro di Berlino - racconta Luigi Maramotti - e adesso abbiamo perfino un negozio a Novosibirsk in Siberia, dove d’inverno si raggiungono i 40 gradi sotto zero». Inevitabile chiedere se basti un cappotto per affrontare simili rigori. Madame Lusuardi dice di sì, soprattutto se sotto si ha il buon senso d’indossare il piumino Cube che Max Mara ha lanciato un paio d’anni fa.
Non a caso per festeggiare la mostra e il sessantesimo anniversario, l’azienda ha prodotto due modelli in limited edition per le donne russe: il cappotto dedicato ad Anna Karenina con tanto di tubino assortito in cammello albino e bordi luccicanti e il Cube doppiato in visone battezzato Lara come l’eroina de Il dottor Zivago. Resta comunque insuperabile l’epopea del celeberrimo modello 101801 creato nel 1981 e mai uscito di produzione visto che è il cappotto più venduto al mondo (150mila esemplari all’ultima stima di un paio d’anni fa) sfoggiato nel corso del tempo da donne come Isabella Rossellini, la regina di Spagna e Glenn Close. «Per produrne uno ci voglio 168 minuti e 73 diverse fasi di lavorazione» spiega Lusuardi.

Spettacolare anche il modello firmato da Christian Dior nel 1950: un fulgido esemplare del cosiddetto New Look. Tutto il resto è Max Mara, un nome che fa onore all’Italia nel mondo. Tanto per dare un’idea i Maramotti hanno deciso di sponsorizzare il restauro della Cattedrale di San Basilio costruita a Mosca 450 anni fa.

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