da Roma
Sabato sera, durante una cena a Como, Umberto Bossi s’è lasciato convincere dal capogruppo azzurro in provincia, Maria Grazia Sassi, e ha firmato anche lui la petizione di Forza Italia. Un gesto che conferma come i rapporti tra il Senatùr e il Cavaliere - per quanto un po’ incrinati dopo il voto del Senato sulla Finanziaria su cui Bossi, sollecitato dall’ex premier, aveva puntato molto anche pubblicamente - siano ancora buoni. Tant’è che sull’agenda di tutti e due resta segnata la data del 16 dicembre, giorno della manifestazione della Lega a Milano a cui parteciperà anche Berlusconi.
Detto questo, per il Carroccio quella di ieri non è stata una domenica passata alla finestra. Perché è vero, come dice Roberto Maroni, che «comunque si chiamerà questa formazione unitaria» è «chiaro» che alla Lega «non interessa». D’altra parte, aggiunge il presidente dei deputati della Lega, «non mi pare che nell’annuncio di Berlusconi ci siano novità particolari», visto che «il suo desiderio di costruire un partito unico è cosa nota». E, soprattutto, sulla quale Bossi e Berlusconi hanno fatto chiarezza da mesi.
Se fino a qualche tempo fa, infatti, di tanto in tanto il leader di Forza Italia continuava a auspicare che anche la Lega un giorno sarebbe potuta confluire in un soggetto unitario, poi - in uno dei tanti lunedì sera a Arcore - Bossi aveva invitato Berlusconi a far cadere la cosa «una volta per tutte». «Silvio - era stato il ragionamento del Senatùr - possiamo eventualmente entrare in una federazione, ma di sciogliere la Lega in un partito unico non se ne parla. In primo luogo perché sarebbe contro l’essenza stessa della Lega e poi perché non porterebbe alcun vantaggio in termini di voti». Argomentazioni su cui il Cavaliere aveva concordato, tanto che negli ultimi tre mesi tutte le volte che è tornato a parlare della prospettiva del partito unico l’ex premier ha sempre precisato che con il Carroccio ci sarebbe stato «un rapporto federativo» sulla traccia di quello che c’è in Germania tra la Cdu e la Csu.
Insomma, la sterzata di ieri di Berlusconi non colpisce la Lega in prima battuta. «Per tre motivi», spiega il vicepresidente dei deputati Roberto Cota. «Primo, perché nel dibattito sul partito unico non siamo mai entrati e sulla questione la nostra posizione è nota. Secondo - aggiunge - perché la nostra opposizione al governo Prodi è sempre stata netta e senza tentennamenti. E terzo perché il partito del popolo noi lo siamo da tempo, tanto che sono anni che i gazebo li facciamo tutti i fine settimana per le città del Nord».
Preoccupa, però, nell’ottica della coalizione. «Ho paura - fa sapere Bossi - che il nuovo partito lanciato da Berlusconi sia solo un favore a Prodi». Perché - dice il Senatùr che smentisce frizioni con il Cavaliere sul voto al Senato («lui ci ha provato e gli è andata male») - «la forza di Berlusconi è sempre stata la sua capacità di coordinamento, il suo saper tenere tutti uniti». Insomma, «con il nuovo partito andrebbe in una direzione differente rispetto a quanto ha fatto fino ad ora». Concetto su cui si sofferma Roberto Calderoli. «Non vorrei - dice il vicepresidente del Senato - che con la scelta del nuovo partito Berlusconi abbia imboccato una via autoreferenziale abdicando a quel ruolo difficile, in cui è stato grande, di collante di una coalizione». L’unico errore da non fare, spiega il coordinatore delle segreterie della Lega, «è quello di litigare certificando le proprie divisioni».
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