I manager italiani e l’«effetto Botswana»

È la percezione di pochi dirigenti d’azienda a farci scendere nella classifica della competitività

Gian Battista Bozzo

da Roma

Siamo meglio o peggio del Botswana? Domanda non peregrina, alla luce delle classifiche del World Economic Forum, che nel 2004 vedevano l’Italia dietro il Paese africano in termini di competitività. Nel 2005, per fortuna, abbiamo superato l’ex colonia britannica della Beciuania (Bechuanaland), divenuta Botswana nel 1966. Siamo tuttavia rimasti al 47° posto, preceduti da tre Paesi - Tailandia, Tunisia e Giordania - con reddito procapite inferiore ai 3 mila dollari l’anno. La domanda, allora, viene spontanea: siamo davvero come il Botswana, o qualcosa non va nel modello Wef?
La questione è stata discussa in un workshop al ministero dell’Innovazione e le tecnologie, evidentemente un po’ risentito da simili classifiche. Ed è emerso un fatto su cui riflettere: a buttar giù il nostro Paese, è la percezione negativa che viene non dall’estero, ma dagli stessi italiani che rispondono ai questionari che la «Bocconi», per conto del World Economic Forum, sottopone loro. L’ateneo milanese invia un migliaio di questionari a senior manager, l’ultima volta hanno risposto in 141: e le loro risposte sono generalmente influenzate da una percezione fondamentalmente negativa sulla situazione italiana. «Si tratta di un campione non rappresentativo dei manager italiani, che spesso rispondono pensando alla loro realtà, non al confronto internazionale», spiega la professoressa Paola Dubini della «Bocconi», che cura il rapporto col Wef. E questi dati soggettivi pesano per il 70% sul risultato finale, mentre solo il 30% dipende dai dati oggettivi Eurostat.
È evidente che qualcosa, nelle classifiche, non funziona. «Sono stato in Botswana - osserva Lucio Stanca, ministro dell’Innovazione - e che quel Paese sia davanti a noi non è credibile. Né è accettabile che l’Italia, che sta aiutando la Giordania nello sviluppo dell’information technology, sia dietro Amman nelle classifiche sull’innovazione tecnologica». Un’osservazione che viene tuttavia contestata dagli esperti del Wef. «È vero che c’è un problema generale con le classifiche - dicono - ma se guardiamo alla gestione del debito pubblico in Botswana stanno meglio che in Italia. Gli imprenditori del Botswana saranno più ottimisti dei vostri - aggiungono - però i nostri sono dati oggettivi».
Insomma, per il World Economic Forum, il testa a testa fra Italia e Botswana ha senso. Il workshop ha comunque centrato il suo obiettivo: ora conosciamo il valore di quelle classifiche, e chissà che i giornali italiani smettano di sbatterle in prima pagina.

«È ovvio che l’Italia deve recuperare competitività - conclude Stanca - , ed è altrettanto evidente che queste classifiche sono influenzate dalla percezione che noi italiani abbiamo di noi stessi». Insomma, dall’effetto Tafazzi.

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