L'Inter era il bancomat ultrà. "Situazione ormai tossica"

I pm: "Il club finanziava quel mondo, non basta rimuovere i vertici". Le pratiche illecite? "Sistematiche e normalizzate". Il caso Lukaku

L'Inter era il bancomat ultrà. "Situazione ormai tossica"
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Una «situazione tossica», difficile da sanare. La vive, secondo le ricostruzioni della Procura di Milano, la società Inter, che «cede alle pressioni» della Curva. Il ritratto impietoso è nelle carte dell'inchiesta che tre giorni fa ha portato in carcere 19 persone tra capi ultrà di Milan e Inter.

Nella richiesta di misure cautelari dei pm Sara Ombra e Paolo Storari si descrive come il club «cede alle pressioni» del capo ultrà Marco Ferdico (arrestato), che chiede sempre più biglietti per la Nord, come «di fatto finanzia soggetti indagati» e come dietro Ferdico ci siano Andrea Beretta e Antonio Bellocco, «cioè un delinquente comune da anni dedito a commettere atti di violenza all'interno dello stadio», il primo, ed «esponente di rilievo della famiglia mafiosa» di Rosarno l'altro. La Procura parla di «problema» per l'Inter sotto il profilo organizzativo e della necessità di «rimuovere quelle situazioni tossiche che hanno creato l'humus favorevole perché un ambito imprenditoriale sportivo si trasformasse, in fin dei conti, in occasione di illecito». Per i pm, il problema non si risolve «solo rimuovendo le figure apicali o semi apicali». Infatti: «Inalterata l'organizzazione, i nuovi venuti si troverebbero nelle medesime condizioni (tossiche) dei loro predecessori e il sistema illecito sarebbe destinato a perpetuarsi». Emerge che nella società «vi è una sorta di cultura di impresa (...), un contesto ambientale intessuto di convenzioni anche tacite (...), che hanno di fatto favorito, colposamente, i soggetti indagati per gravi reati che sono stati in grado di infiltrarsi» nella società.

Nell'Inter «la costante e sistematica violazione delle regole genera la normalizzazione della devianza, in un contesto dove le irregolarità e le pratiche illecite vengono accettate e in qualche modo promosse, in quanto considerate normali: emblematiche in questo senso la gestione dei biglietti (il cui ricavato va a favore di autori di gravi reati) e il controllo degli ingressi allo stadio, gravemente carente e fonte di ulteriori guadagni (nonché foriero di pericoli non certo irrilevanti)». Da parte loro i capi della Nord «hanno fatto ricorso ad ogni strumento» allo scopo di «inviare messaggi alla società e indurla a cambiare idea sul numero di biglietti da assegnare». I pm citano un episodio del 7 aprile 2023, dopo l'incontro con la Salernitana. La squadra attraversava un brutto periodo e il pareggio per gli ultrà è stata l'occasione «per esercitare azioni che possono essere definite di indebita pressione». Ferdico e Matteo Norrito (arrestato) dopo la partita «hanno avuto un confronto in campo, proprio sotto il settore ove erano presenti i tifosi interisti, con il calciatore belga Romelu Lukaku, per chiedere lui conto delle prestazioni della squadra». Per gli inquirenti, «la platealità della situazione (la foto che ritraeva i due capi ultras sotto la curva con il calciatore Lukaku era poi stata pubblicata sui quotidiani sportivi) attirava consapevolmente l'attenzione mediatica sulla vicenda». Ferdico in un'intervista lasciava «intendere che lo scopo degli ultras di Curva Nord era quello di attuare una sorta di pressione pubblica/mediatica» sul club. Intanto ieri nei primi interrogatori di garanzia davanti al gip Domenico Santoro gli arrestati sono rimasti in silenzio.

Tra loro, Francesco Lucci, fratello del leader della Sud Luca e difeso dall'avvocato Jacopo Cappetta, Andrea Beretta, l'ormai ex capo della Nord difeso dall'avvocato Mirko Perlino, e i milanisti Christian Rosiello e Islam Hagag. E la Nord oggi avrà un nuovo direttivo, ne dovrebbero far parte Nino Ciccarelli, Gianni Borriello e Ivan Luraschi.

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