Gli obbiettivi dell'imminente rappresaglia israeliana sull'Iran li ha elencati ieri l'ex-premier Naftali Bennet. «Dobbiamo - ha detto - eliminare il programma nucleare iraniano, attaccare le infrastrutture energetiche e lo stesso regime». Come dire cancellare la Repubblica Islamica. Ma Israele può farlo? Partiamo dalla testa del serpente ovvero dall'85enne ayatollah Ali Khamenei. La Suprema Guida alloggia in un bunker sin dall'inizio dei raid missilistici di martedì pomeriggio. Ma la decimazione di Hezbollah, l'uccisione del suo segretario generale Hassan Nasrallah e l'eliminazione a Teheran del capo di Hamas Ismail Haniyeh dimostrano quanto l'intelligence israeliana abbia «penetrato» la sicurezza iraniana. Quindi anche la Suprema Guida potrebbe essere a tiro.
A Israele, comunque, non mancano i bersagli. A partire dalle infrastrutture nucleari nel mirino da oltre vent'anni. In questo caso i centri per l'arricchimento dell'uranio di Natanz e Fordow sono in testa alla lista assieme alla centrale nucleare di Busher, al reattore ad acqua pesante di Arak, alla base militare di Parchin e al centro di ricerche militari di Isfahan. Ma per distruggere centrifughe e uranio arricchito le bombe devono perforare le decine di metri di cemento e roccia. Nel caso di Natanz e Fardow si parla di cento metri di roccia e cemento armato. Le uniche bombe capaci di superare simili difese grazie ai loro 14mila chili, di cui 2.300 di esplosivo, sono le Gbu 57 di fabbricazione americana. Ma a causa del peso non possono venir trasportate né dagli F15 Ra'am, né dagli F35 Adir in dotazione ad Israele.
Un altro bersaglio strategico, capace tra l'altro di moltiplicare il malcontento interno e innescare una sollevazione, è la distruzione dei terminali petroliferi di Kharg nel Golfo Persico e di Jask nel golfo di Oman. Senza quelle strutture l'Iran non potrebbe più esportare il suo petrolio e si ritroverebbe sul lastrico. Nei piani d'Israele non mancano ovviamente i comandi dei Guardiani della Rivoluzione ovvero l'unico corpo militare ancora totalmente allineato con il regime. Ma per raggiungere questi bersagli gli F15 e gli F35 con la Stella di David devono volare per 1.500/2mila chilometri e poi tornare alla base. Senza calcolare la difficoltà di sorvolare Paesi ostili come Siria, Turchia e Irak o poco entusiasti, come Arabia Saudita o Giordania, di rendere pubblico il proprio appoggio. Inoltre portare sull'obiettivo i bombardieri significa dispiegare sulle stesse rotte decine di altri aerei capaci di garantire i rifornimenti in volo, le contromisure elettroniche, la difesa da attacchi nemici e il salvataggio di eventuali equipaggi abbattuti. Ma il raid di pochi giorni fa sul porto di Hodeida controllato dalle milizie Houthi ha già dimostrato la capacità d'Israele di colpire oltre i 2mila chilometri di distanza. Il difficile è farlo quotidianamente tenendo impegnate delle vere flotte aeree su distanze così ampie per settimane o mesi.
Proprio per questo Israele potrebbe puntare su un mega-raid capace in un colpo solo di decapitare la dirigenza iraniana, cancellare la minaccia nucleare, privare il paese di risorse e annientare i vertici dei Pasdaran. Per questo a fianco degli aerei potrebbero entrare in azione i missili Jericho 2 con portata di 2.500 chilometri e testate da 750 chili. I cinque sottomarini Dolphin in possesso d'Israele potrebbero invece colpire dal Golfo Persico mettendo in azione per la prima volta i missili Popeye. E in silenzio anche gli americani potrebbero dare una mano.
A quel punto la decapitazione dell'Iran, renderebbe più facile la distruzione di quell'asse sciita che da Irak, Siria e Yemen raggiunge Gaza e Beirut. Ma la guerra non è mai una scienza perfetta. E, come dimostrano gli otto soldati israeliani caduti ieri in Libano, la più semplice battaglia può vanificare i migliori piani.
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