I medici chiedono regole più severe per i delicati farmaci bio-similari

I farmaci biotecnologici occupano aree terapeutiche molto vaste e sono destinati a diventare dominanti. Ve ne sono già 250 in commercio e 400 in fase di sperimentazioni cliniche che riguardano le neoplasie, l’Alzheimer, le cardiopatie, il diabete, e l’Aids. I “biosimilari” sono farmaci biotecnologici che sfruttano le delicate e complesse funzioni delle proteine.
La scuola superiore di oncologia e di scienze biotecnologiche, fondata dal professor Leonardo Santi, ha dedicato ai “biosimilari” un convegno svoltosi nei giorni scorsi a Roma. Introducendone i lavori lo stesso professor Santi ha ricordato che il problema è importante non solo per la Medicina, ma per la Società nel suo insieme. In sostanza, prima di prescrivere questi farmaci bisognerebbe avere delle certezze che non ci sono.
La professoressa Adriana Maggi, una autorità nell’affollato pianeta della farmacologia, ha dato una definizione che può sembrare una condanna: «sono farmaci simili, ma non identici a quelli originari». In conseguenza ogni variazione anche piccola in una qualsiasi fase produttiva può alterarne efficacia e tollerabilità. Nessuna sicurezza dunque. Serve, come ha precisato il professor Francesco Di Costanzo, una maggiore consapevolezza da parte dei medici nei riguardi di questi farmaci. Al medico si chiede di fare prescrizioni prive di rischi e di accertarsi che nessuno modifichi tali prescrizioni proponendo ad esempio la sostituzione con un farmaco biosimilare.

Anche in quest’area, infatti, non è il prezzo che conta, ma la qualità del prodotto. Durante il convegno di Roma l’Agenzia italiana del farmaco e l’Istituto superiore di sanità hanno promesso di «vigilare» su ogni richiesta di autorizzazione.

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