I pm: stop alle indagini su chi godrà dell’indulto

I magistrati in coro: «Gli uffici sono sommersi da montagne di denunce, si stabiliranno delle priorità»

Stefano Zurlo

da Milano

Si scrive indulto, ma si legge amnistia. Uno stop alle indagini e un addio ai processi deciso non dal Parlamento ma città per città dai magistrati. Anzi dai procuratori della Repubblica. Migliaia di fascicoli, relativi a reati commessi entro il 2 maggio 2006, rimarranno in fondo ai cassetti. Migliaia di incartamenti ammuffiranno. Migliaia di furti, falsi, truffe e appropriazioni indebite rimarranno orfani di autore e serviranno solo alle statistiche. «Lavorare per niente non piace a nessuno e non serve - spiega Ennio Fortuna, Procuratore generale a Venezia - dunque a settembre, alla fine delle vacanze, ci attrezzeremo». Come? «Convocherò una riunione con i Procuratori delle diverse città del Veneto - prosegue Fortuna - e valuteremo il da farsi. È chiaro che gli uffici grandi, sommersi da migliaia di denunce, faranno le loro scelte. A Venezia, a Verona o a Padova non è possibile stare dietro a tutto e allora si dovrà stabilire il sistema delle priorità. Il condono di tre anni azzera le pene per le bancarotte, per le truffe, per i furti, per i falsi in bilancio e le manipolazioni del mercato in stile “furbetti del quartierino”, per un’infinità di altri reati commessi entro la data spartiacque del 2 maggio scorso».
Che fare? «Credo che valuteremo città per città - insiste Fortuna - penso che Rovigo o Belluno possano permettersi il lusso di seguire anche i fascicoli vecchi, anche quelli di modesta entità, anche quelli che sfoceranno in pene virtuali. A Venezia o a Padova invece si selezionerà in base ad un criterio di rendimento, di utilità. Certo, in attesa dell’amnistia vera, stabilita dal Parlamento, si applicherà un’amnistia strisciante, a macchia di leopardo. Ma alternative non ce ne sono».
Il Procuratore di Verona Guido Papalia la sua linea l’ha già tracciata: «Tutti gli illeciti coperti dal condono finiranno in fondo al cesto: la guida in stato di ebbrezza, il furto, i maltrattamenti, le violazioni delle norme antiinfortunistiche sul lavoro, le truffe, le ingiurie e via elencando diventeranno argomenti di serie B. Non è che non li seguiremo ma lo faremo dopo, in seconda battuta, energie e tempo permettendo».
Un’analisi condivisa dal Procuratore aggiunto di Catania Ugo Rossi: «Diciamo la verità. Già oggi molti reati minori finiscono alla lotteria della prescrizione: furti, ingiurie, piccoli falsi, truffe, appropriazioni indebite spesso non vengono perseguite. Manca il tempo: siamo sommersi da centinaia di richieste di risarcimento, da 5-10 mila euro alla volta, per processi che durano troppo, che superano i 3-4 anni e si allungano come elastici nel tempo. Lo Stato su questo fronte rischia la bancarotta: deve risarcire centinaia di cittadini esasperati per la lentezza della giustizia». E allora? «È evidente - va avanti Rossi - che con l’indulto ci sarà un incentivo in più a trattare con calma, con molta calma queste questioni. Dobbiamo dedicarci, da oggi a maggior ragione, ai dibattimenti più importanti, agli illeciti più gravi».
Insomma, se l’indulto ha decongestionato le carceri, la macchina della giustizia resta ingolfata come prima e rischia di girare a vuoto per i prossimi anni, come ha spiegato al Giornale l’ex guardasigilli Roberto Castelli. Dunque, ci si prepara in ordine sparso a fronteggiare il condono. A Genova - come svela il Secolo XIX - si terrà una riunione ad hoc ai primi di settembre ma il Procuratore Francesco Lalla è orientato a stabilire una scala delle priorità. E la politica delle due velocità viene ipotizzata anche dal Procuratore di Trieste Nicola Pace: «Sono in convalescenza e dunque consulterò i miei colleghi al rientro in sede fra qualche giorno, ma sul piano del buonsenso è evidente che si faranno delle scelte. Poi si valuterà materia per materia». Ad esempio? «Trieste è leader in Europa per la lotta alle organizzazioni criminali che gestiscono il traffico dei clandestini. L’indulto potrebbe avere ripercussioni su tutta una serie di reati intermedi, meno gravi della riduzione in schiavitù, ma noi cercheremo in tutti i modi di non disperdere il patrimonio di conoscenza e di esperienza maturato sul campo, anche per la particolare posizione geografica».
I cittadini devono preoccuparsi per il loro futuro? Le Procure concentreranno armi e munizioni contro la grande criminalità e sguarniranno le trincee e gli argini alla piccola criminalità? Da Monza il numero uno della procura Antonio Pizzi risponde in modo articolato: «Consciamente o inconsciamente il magistrato che al mattino va in ufficio sentirà di più il peso di un’indagine destinata a chiudersi con condanne pesanti, effettive. Dal punto di vista psicologico sarà invece meno attento nel seguire un faldone che produrrà una pena condonata. Però cercheremo di non cedere alla logica del condono. Un furto di auto può aspettare, ma un furto in appartamento no perché desta allarme sociale».

Non basta, perché è sempre Pizzi a segnalare un’ultima, dirompente conseguenza dell’indulto: «Già ora rinunciamo a chiedere l’arresto cautelare di persone che prevediamo possano essere condannate ad una pena inferiore ai tre anni». Il carcere preventivo per molti reati non esiste più. «E questo comportamento - conclude Pizzi - non è discrezionale, è la legge che ce lo impone».

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