I ragazzi al sangue e strampalati di Margo Lanagan

In «Black Juice» dieci originali vicende «noir» con protagonisti minorenni

Margo Lanagan ha saldato il conto all’ingresso prima di servire il suo Black Juice (Giano Editore, pagg. 206, euro 15). La scrittrice australiana ha pagato sull’unghia, in contanti con la moneta corrente e sonante della gratitudine espressa e dichiarata, il prezzo per l’acquisto di battute, figure, trovate colorite e saporite sparse qua e là a condire i suoi racconti. Al tale doveva l’espressione «storie da far rizzare i capelli», al tal altro l’eloquente posizione di chi, chinato e prostrato si mette «culo in aria». Alla foto di un mensile - il National Geographic - la scena di una donna intenta a scuoiare una scimmia. Alla testata di un settimanale - il Modern Bride - la svista con cui adocchiò un titolo per la sua Wooden Bride: «La sposa di legno». A un amico gattaro il felino cacciatore che ogni sera depone sull’uscio una preda diversa e strampalata. A un amante di animali più grandi, il gesto dell’abbraccio a una zampa di elefante.
La lista dei ringraziamenti premessi al volume lascia capire dell’autrice più della notula biografica che, stampata in terza di copertina, ce la dice 45enne, nata e cresciuta nel New South Wales e, dopo anni di studi e di viaggi, di lavori saltuari e temporanei, domiciliata a Sydney con partner e prole da mater familias e libera scrittrice. Ci presenta cioè una giovane signora che sfoglia (distrattamente) riviste femminili e orienta l’attenzione e l’ispirazione ai documentari di geografia. Che si circonda di amici affettuosi, di bestie pelose, di arruffati ascoltatori di storie. Che ha un senso preciso e rigoroso del costo dei beni dell’ingegno e del valore impagabile dei giri di parole e delle idee. Soprattutto che - a parte quelle fatte proprie a qualsiasi costo, fosse pure la cifra incalcolabile di un grazie, e stravolte poi tanto da diventare irriconoscibili al fornitore originario - tutte le parole e le idee raccolte sulle pagine di Black Juice sono farina del suo sacco. Spremuta del suo succo. Essenza di una vena originale che irrora copiosamente la sostanza di dieci racconti nerissimi e succosi.
Sono storie di sangue, storie sinistre: ma come il cuore che si sente pulsare nelle loro frasi brevi e palpitanti, negli incipit fulminanti, nei finali concitati e spiazzanti. E sono storie di ragazzi e da ragazzi: almeno nelle intenzioni di un’opera concepita dalla mamma di due figli, sviluppata dall’autrice di tre fiction per adolescenti, cresciuta e compiuta però fino alla perfezione ambigua, luminosa e misteriosa, sorprendente e sconvolgente delle favole per adulti.
Ma non saranno i limiti di età a dare un diritto di accesso al regno incantato di Margo. Sono tutti piccoli, minori, bambini i protagonisti di queste fiabe intrise di umori torbidi: giovani che affacciandovisi, proiettano ombre giganti sulla soglia del mondo dei grandi. Una fanciulla assassina incoronata di ghirlande e tuffata in un bagno di catrame. Una madamigella adultera e impunita trascinata nelle danze di una faida familiare. Un «dolce», innocente domatore di un branco di elefantesse imbizzarrite. Una vergine indomita decisa a non farsi allacciare per l’anello nuziale a una catena. Un angelo indemoniato. Un clown disperato. La nonna che insegnò stregonerie antiche all’ignara nipotina new age. Sono tutti adulti minorenni. Donne fatte finite e impuberi. Eroi impavidi immacolati e imberbi. Personaggi senza età, come senza tempo sono i racconti in cui hanno la loro parte: arcaici come miti ancestrali e effimeri come le collane di fiori che ci sbocciano dentro. Solenni come riti tribali e leggeri come le figurette clownesche e circensi che vi intrecciano i loro balletti. Spaventosi come la saggezza aborigena, le gelosie selvagge, le vendette degli indios, la furia delle fiere. Variopinti come il mantello degli animali d’Australia o il carosello di pupazzi, fantocci, giocattoli meccanici animati dalla fantasia della scrittrice.
La stessa Lanagan - solare dark lady con lunghe chiome hippy e faccino acqua e sapone da fatina - ha la fisionomia ambivalente delle sue narrazioni terrifiche e incantate. Mai letto niente del genere. A un genere tuttavia - il fantasy, l’horror - lei stessa ammette con disincanto di averle agganciate: per poterle più facilmente trasferire sul mercato internazionale. E in effetti Black Juice, scritto nel 2004, appena esportato ha vinto il World Fantasy Award e l’International Horror Guild Award 2005.

I premi restano, le targhette e le etichette, chissà, alla lunga si cancelleranno. In fondo valgono quanto lo scontrino fiscale che, col timbro di un grazie, attesta l’acquisto di invenzioni che più originali, singolari e personali non potrebbero essere.

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