Via i rom, la gente festeggia la liberazione

Tra i residenti di via Barzaghi, sollevati per lo smantellamento della favela ma ancora increduli: «Dormiamo col fucile accanto al letto, dovremo aspettare 8 mesi per essere sicuri che non tornino»

Via Barzaghi corre dietro il cimitero Maggiore come un’autostrada spaziosa ma anche un po’ vuota. E tra gli alberi e il sole pomeridiano sembra quasi che l’atmosfera da queste parti sia diventata all’improvviso irreale. Felice Granati, 77 anni, è in sintonia con questo ambiente così poco milanese, vestito di tutto punto con il suo completo da cacciatore verde scuro. «I rom? Io dormo da anni con il fucile accanto al letto. E anche adesso, sa? - ci spiega -. Bisognerà aspettare almeno otto mesi per essere sicuri che non tornino ad accamparsi qui. Il cantiere dell’Expo aprirà alla fine dell’anno, lo dite voi giornalisti. E allora quelli tornano. Eccome».
Quel che ha colpito di più i residenti della zona intorno al campo di via Triboniano in questi giorni successivi allo sgombero dei rom è l’assenza di rumore.
«Prima c’era confusione a tutte le ore del giorno e della notte - riflette pensierosa la signora Sofia, 74 anni portati alla grande, fiorista nel piazzale antistante il cimitero -. Un po’ per colpa loro, degli zingari, un po’ a causa di chi li controllava, i vigili. Un viavai di auto che glielo raccomando. Adesso staremo a vedere cosa succederà da queste parti. Vede questa scopa? L’ho appena comprata: adesso la inauguro. Sarà una novità trovare ancora pulito 24 ore davanti e dietro il chiosco dopo aver spazzato...E non vedere più assembramenti di baracche e roulotte, auto smontate, con i cofani aperti, senza ruote, con che cola, mucchi di spazzatura, di cartone, plastica, batterie e bottiglie. ».
Il dopo-Triboniano, per chi vive nella zona intorno al campo, è uno sfogo generale di liberazione. Non c’è nessuno, su una decina di persone con cui abbiamo parlato ieri, che ci abbia detto che, in fondo, i nomadi potevano stare lì perché non davano fastidio a nessuno e se ne stavano per i fatti loro.
«Guardi, siamo stati sull’orlo dell’esasperazione per tanti anni che oramai era diventato un modus vivendi - spiega Gianfranco Ramelli, 38 anni, titolare di una piccola ditta di condizionatori in via Landolfo da Carcano -. I nomadi hanno rubato di tutto in questa zona. Un giorno si sono portati via persino due ruspe da lavoro, caricandole su un camion come se niente fosse, in pieno giorno. Alla ricicleria del Comune, proprio accanto alla sede della Protezione civile di via Barzaghi, hanno sottratto degli attrezzi da lavoro. A noi hanno portato via un generatore, a mia moglie hanno rubato il guardaroba. Per non parlare del periodo di maggiore espansione del campo, tra il 2005 e il 2006, quando i rom depredavano il gasolio dai camion e le batterie dalle auto...».
Massimo Lanfossi, 63 anni, che da cinque viene quasi ogni giorno a trovare la moglie morta prematuramente e sepolta al cimitero Maggiore, parla di «piazza pulita». «Lo so, le sembrerò un po’ cattivo usando questa espressione, ma le spiego: io abito in viale Certosa. E quando è morta la mia Carla, il fatto di averla tumulata qui accanto mi ha dato una certa serenità perché, nonostante io lavori ancora, avrei potuto venire a trovarla spesso. Non le nascondo, però, che questo posto mi ha sempre fatto un po’ paura. Io entro al Maggiore da via Barzaghi, visito anche la tomba di un parente sepolto al cimitero ebraico che si trova lì di fronte...

Beh, i rom forse si erano accorti che ero una presenza fissa da queste parti, conoscevano i miei orari e si organizzavano per spaventarmi con dei blitz in strada. Mi creda: è gente che si sente autorizzata a fare quel che vuole. E io mi aspetto che tornino. Scommettiamo?».

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