I sei malanni della democrazia italiana

Consigliere della Camera dei deputati, consulente di diversi governi, docente di Amministrazione pubblica e autore di svariati saggi sulle nostre istituzioni, Luigi Tivelli conosce la macchina dello Stato come le sue tasche. Perciò la sua inchiesta sui malanni del nostro Belpaese è particolarmente utile sia a una classe politica che naviga a vista e non sempre si applica all’ammodernamento dello Stato, sia a noi comuni mortali sovente vittime di un’azienda Italia che non marcia al meglio. Nel suo più recente volume, Questionando. Le sei questioni che bloccano l'Italia (Fazi-Rai Eri, pagg. 207, euro 15), sviscera appunto sei questioni. Una in meno delle piaghe d’Egitto.
La prima è la questione istituzionale. Dopo la bocciatura referendaria della Grande Riforma della Casa delle libertà, Tivelli si rende conto che non si può chiedere la luna. Eppure qualche passo avanti lo si dovrà pur fare, come ha ammonito il Quirinale. Perché i problemi sul tappeto sono tanti. A differenza delle democrazie più consolidate, la nostra stanza dei bottoni lascia parecchio a desiderare. Il nostro bipolarismo è sì una conquista ma non si è ancora consolidato a dovere. E di sicuro evaporerebbe sia che si ricorresse ancora una volta ai ribaltoni sia che si desse vita a una Grande Coalizione di marca germanica. Che fare? La ricetta di Tivelli è presto detta. Andrebbe soppressa una legge finanziaria che ha denunciato tutti i suoi limiti. I cittadini andrebbero tutelati meglio nei confronti di una pubblica amministrazione che deve attrezzarsi al meglio. E, perché no?, meriterebbe di essere riscritta la nostra Costituzione economica, dato che gli articoli 41, 42, 43 e 44 sono impregnati di un dirigismo che in apparenza non ha più né babbo né mamma.
La seconda è la questione politica. Da noi, si sa, le responsabilità sono immancabilmente orfane. Il gioco di società prediletto è lo scaricabarile. E nella notte posthegeliana tutti i partiti non sono più distinguibili. E allora occorre più democrazia al loro interno. Bisogna circoscrivere le forme di finanziamento perché il costo della politica sta diventando insopportabile e finalmente se ne discute alla luce del sole. La terza è la questione economica, la più cruciale, perché primum vivere deinde philosophari. Quel che occorre sono liberalizzazioni autentiche, un sistema energetico efficiente, oneri sul lavoro meno pesanti, un’emersione dell'economia sommersa, incentivi alla natalità per limitare l’immigrazione.
La quarta è la questione legislativa. Si dovrebbe soprattutto disboscare la selva fitta e oscura delle leggi e ricorrere a testi unici e codici per venire incontro al mondo del lavoro e della produzione. La quinta è la questione amministrativa. La Costituzione parla chiaro. Vanno assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Agli impieghi pubblici si accede per concorso. I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione. E invece i concorsi da regola stanno diventando l’eccezione, anche in barba alla giurisprudenza costituzionale. L’assalto alla dirigenza sta sotto gli occhi di tutti. E lo spoil system all’italiana che ci ha regalato il centrosinistra ha fatto più danni della grandine. La sesta, infine, è la questione morale. Come i recenti scandali dimostrano a sufficienza, essa è più che mai all’ordine del giorno. Qualche buon passo avanti, per il vero, lo si è fatto. Si è riformato il diritto societario e finalmente è stata approvata la legge sul risparmio. Ora occorrerebbe quanto meno una disciplina dei gruppi di pressione per fare chiarezza sui rapporti tra imprese e politica.


Nella sua prefazione Pier Ferdinando Casini osserva che l’autore del libro «ci pone di fronte a questioni strategiche per la crescita e lo sviluppo del paese: un viaggio ragionato in sei tappe attraverso le priorità dell’Italia di domani, condotto con equilibrio e con spirito propositivo». Proprio così. Tivelli non si atteggia affatto a medico pietoso, ma ci mette in guardia da un antiparlamentarismo che trova facile presa nell’opinione pubblica.
paoloarmaroli@tin.it

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