I semafori rossi che fermarono il Terzo Valico

I semafori rossi che fermarono il Terzo Valico

(...) in tanti anni il Terzo Valico non ha guadagnato un centimetro. Eppure non si contano, ormai, le occasioni in cui qualcuno ha annunciato (a ragion veduta, per carità): «È il momento buono». Oppure: «Ce l’abbiamo fatta!». E inoltre: «Genova e Milano sono più vicine, il porto della Lanterna si prepari a smistare cinque milioni di contenitori all’anno, e i cittadini genovesi, belin, facciano subito il conto di quanto salirà il valore delle loro case».
Pareva fatta già nel 1992, mese di luglio: viene attivata la procedura di Valutazione di impatto ambientale, la famosa «Via», contestuale alla pubblicazione dello Studio di impatto ambientale (il «Sia»). Dice: «Pochi mesi, e partiamo con le ruspe. Cosa ci vuole perché la Via dia il via? D’altronde, di Terzo Valico ferroviario che scavalchi l’Appennino si parla, da queste parti, almeno dal 1903, lo sanno tutti che è indispensabile». Primo semaforo rosso: giugno 1994, il ministero dell’Ambiente esprime giudizio «interlocutorio negativo» (che acrobazia dialettica!) circa la compatibilità ambientale del progetto. Prima di attivare una nuova procedura di Via bisogna aspettare l’ottobre del 1996, ma anche questa volta il treno si ferma al palo. Passano quasi due anni, e nel luglio 1998 arriva la sentenza: «Fermi tutti». Forse, sostiene qualcuno, si deve rivedere qualcosa. A novembre, infatti, il tavolo tecnico attivato dal ministero per lo studio delle alternative progettuali individua il corridoio Genova-Novi Ligure come quello preferibile per il Terzo Valico. Tutto a posto? Neanche per idea. Arriviamo a luglio 1999, la Commissione Trasporti della Camera conclude la verifica parlamentare impegnando il governo a promuovere nuovamente il progetto-Terzo Valico, tratto «prioritario» della Milano-Genova. Ripartono la Via e il Sia (ormai tutti sanno benissimo di che mostri si tratta).
A dicembre 2000 si apre la Conferenza dei servizi, fase istruttoria, che si chiuderà positivamente a settembre 2002. Le Regioni Liguria e Piemonte «rappresentano le richieste già formulate in occasione della Via, e in particolare: la realizzazione in un’unica fase funzionale dell’intera opera, l’eliminazione dell’interconnessione di Arquata Scrivia, la ridefinizione dell’allaccio in corrispondenza di Novi Ligure e la ridefinizione della localizzazione delle cosiddette finestre». Il governo Berlusconi imprime una decisa accelerata. A marzo 2003 il progetto viene presentato a livello ufficiale nelle sedi delle due Regioni direttamente interessate, mentre solo quattro mesi dopo, superate le resistenze della Provincia di Alessandria e di otto Comuni che si trovano lungo il tracciato, viene firmato il «Protocollo d’intesa per la valorizzazione dell’area logistica con cui si potranno avviare le procedure per la realizzazione dell’infrastruttura». Si va avanti a grandi passi: agosto 2003, il governo accantona 319 milioni di euro della Finanziaria per i cantieri, la Via è di nuovo ok, seppure con alcune prescrizioni. A settembre il Cipe approva il progetto preliminare e definisce il costo complessivo: circa 5 miliardi di euro. E anche l’Europa dice sì, con la votazione favorevole del parlamento di Strasburgo, aprile 2004. A marzo 2005, si decide l’emissione di bond per il finanziamento, e a giugno il senatore di Forza Italia Luigi Grillo, presidente della Commissione Lavori pubblici di Palazzo Madama, può affermare: «Entro il 20 luglio partiranno i lavori, si inizierà con i cunicoli, e prima di dicembre sarà la volta della galleria di valico».
A fine marzo 2006 il Comitato interministeriale per la programmazione economica approva il progetto definitivo. Ecco: «Ci siamo». Nient’affatto. Arriva Prodi, e soprattutto arrivano i prodiani, da Pecoraro Scanio in giù, molto giù, praticamente rasoterra. È di nuovo semaforo rosso, in tutti i sensi. Fra l’altro, viene anche revocata la concessione dell’opera al Cociv, in quanto general contractor. Il Terzo Valico va nel binario morto. E sepolto. Per due anni, in cui non si muove un piccone, ma in compenso si muovono molto i comitati ambientalisti antitutto. Solo dopo le elezioni del 13 e 14 aprile 2008 si torna a parlare di semaforo verde. La locomotiva si rimette in moto. E due giorni fa arriva la revoca del decreto Bersani-Di Pietro che aveva tolto la concessione al Cociv.

«Ora - spiega ancora Grillo - bisognerà adeguare il piano finanziario già approvato dal Cipe e ratificato dalla Corte dei conti. Subito dopo potranno ripartire i lavori». L’odissea è finita. Avanti tutta, con biglietto di sola andata.

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