I sequestratori: «Torsello è vivo e sta bene»

I talebani: colpiremo la gente comune dei Paesi che hanno inviato truppe

Fausto Biloslavo

Gabriele Torsello, l’ostaggio italiano in Afghanistan, sta bene e i rapitori continuano a trattare. Lo ha reso noto il sito Peacereporter, che ha rivelato come all’ospedale di Emergency nella provincia di Helmand, dove è stato rapito il fotografo pugliese, sia arrivata una nuova telefonata dai rapitori. Ieri verso le nove del mattino, le 11.30 in Afghanistan, il “portavoce” dei tagliagole, che tengono in ostaggio l’italiano, ha garantito sulle condizioni fisiche del free lance. «Non abbiamo parlato con Gabriele, ma ci hanno assicurato che Torsello è in buone condizioni di salute», facevano sapere dall’ospedale italiano nel sud dell’Afghanistan.
L’ultimatum lanciato dai sequestratori scadeva alla fine del Ramadan, il mese del sacro digiuno islamico, festeggiato ieri dagli afghani. I rapitori sono disposti a continuare le trattative, come conferma il ministro degli Esteri Massimo D’Alema. «C’è qualche giorno in più per negoziare la liberazione», ha sostenuto il ministro sottolineando che il nuovo contatto con i sequestratori «conferma che esiste una possibilità di negoziare in condizioni estremamente difficili». Alla domanda sulle voci del pagamento di un riscatto, D’Alema ha giustamente glissato: «Sono cose che non si dicono e di cui non si parla se uno vuole salvare una persona».
I tagliagole, mezzi banditi e mezzi fondamentalisti pashtun, puntano a un consistente gruzzolo, ma è probabile che la nostra ambasciata a Kabul, in prima linea nelle trattative attraverso i servizi segreti, punti a proporre interventi umanitari in cambio della liberazione di Gabriele.
A casa della famiglia Torsello, ad Alessano in provincia di Lecce, si vivono ore d’ansia. La mamma di Gabriele, Vittoria Augenti, ha lanciato ieri mattina un nuovo appello per sollecitare la liberazione del figlio: «Oggi è il giorno che segue la fine del Ramadam, per i musulmani è giorno di festa e di perdono e tutti si scambiano gli auguri. Vorremmo rivolgere questi auguri anche a Gabriele in modo che possa a sua volta scambiarli con i rapitori. Ai quali dico: per favore, liberate mio figlio». I sequestratori hanno alzato una cortina propagandistica chiedendo il ritiro delle truppe italiane in Irak o la consegna del convertito afghano al cristianesimo, Abdul Rahman, che ha trovato asilo in Italia.
Nonostante la fine del Ramadan, che per tradizione dovrebbe portare alla riconciliazione fra nemici, i talebani hanno continuato a sparare minacce. Il comandante mullah Mohammed Amin, ex funzionario di livello del defunto governo degli studenti guerrieri, ha dichiarato in un’intervista alla televisione inglese Sky News, che i talebani sono pronti a colpire in Europa. «Sono venute (le truppe della coalizione, ndr) a casa nostra e hanno aggredito donne e bambini. La gente comune - ha dichiarato l’alto esponente della guerriglia - che ha eletto i governi di queste nazioni è la causa di tutto questo, quindi non li risparmieremo». Secondo il mullah Amin, «è accettabile uccidere civili in Europa, perché questa gente ha votato governi», che inviano truppe in Afghanistan.
Gulbuddin Hekmatyar, signore della guerra alleato dei talebani e di Al Qaida, ha fatto distribuire volantini fra i profughi afghani in Pakistan del seguente tenore: «Se gli oltre centomila soldati sovietici non riuscirono a occupare l’Afghanistan (negli anni Ottanta, ndr), come potranno farcela i quarantamila della Nato?».
Nel frattempo sono scoppiati scontri fra clan rivali pasthun, alleati del governo del presidente Hamid Karzai, nella provincia di Herat, dove ha sede il comando regionale italiano dei Centri di ricostruzione provinciale. In poche ore di battaglia 32 uomini sono rimasti uccisi nella faida fra i clan di Amanullah Khan e Arbab Bassir.

I combattimenti sono avvenuti nei dintorni dell’ex base aerea sovietica di Shindand, oggi occupata dagli americani. Le truppe della Nato, trasportate da elicotteri, si sono dispiegate nella zona per appoggiare i rinforzi della polizia e dell’esercito afghani giunti a sedare gli animi.

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