I sogni, le pietre, i gioielli «Così è nata la mia Vhernier»

Carlo Traglio ha acquistato l'azienda nel 2001 Era il 3 agosto, il primo giorno della sua nuova vita...

Le sue apparizioni pubbliche durano in media tra i cinque e i sette minuti. L'attrazione che prova per le situazioni mondane è vicina allo zero e considera lo smoking l'uniforme più triste del mondo. Evita di gettarsi nelle secche di conversazioni noiose: gli piace l'atmosfera intellettualmente intensa, non quella socialmente artificiale. E non sente di dover forzare di continuo i limiti della sopportazione. Allora appare e subito scompare nel romitaggio della sua stanza, o di un ristorante solitario. E non certo perché non sia in grado di tenere a bada il folletto della grelina: è un uomo che addomestica tutto, figurarsi il senso di appetito.

Sa da che parte iniziare a elaborare un sogno e pensa che l'impossibile sia un dovere di tutti e certi strappi e certi lutti gli hanno insegnato che l'infelicità è una forma di ingratitudine. Per questo non è disposto a lasciarsi prendere in ostaggio per opportunità o dovere. Da uomo libero difende il suo tempo e si difende da chi non gli piace. Chiunque sia il bersaglio del suo disappunto.

Carlo Traglio è uno che avrebbe potuto rispondere come De Gaulle al disturbatore che gridava «morte agli idioti»: «Vaste programme».

È ironico, generoso, irrequieto (il lavoro solitario è un continuo assalto al sistema nervoso), di fatto pigro (tranne quando si tratta di attraversare il mondo alla ricerca di pietre preziose). Ha un fascino languido e conserva quell'aspetto da ex allievo di scuole private tanto difficile da cancellare. Ma quando l'empatia gli si mette in moto, allora accadono cose incredibili.

Come quel 3 agosto del 2001. Faceva un caldo infernale a Valenza, qualcosa come mille gradi (almeno percepiti, almeno da lui). Ed era il primo giorno del resto della sua vita. Avrebbe potuto tirarsi indietro ma non lo fece. Non lo ha mai fatto a dire il vero, per una questione di stile probabilmente.

Qualche settimana prima era andato alla fiera di Basilea in cerca di un'azienda da cui (ri)cominciare o almeno di un nucleo, di una folgorazione. Dalla noia generale che aveva accompagnato quella visita era emerso un grande cubo di cristallo, grande ma piccolo rispetto allo spazio a disposizione nel carissimo stand della fiera di gioielli. E lui pensò: già mi piacciono questi eccentrici, qui fanno pagare anche l'aria che respiri e loro buttano via tutto questo spazio in favore dell'effetto. Poi si avvicinò, e impazzì per quel che vide. Pietre meravigliose e forme e incanto. Un po' come quando, da bambino, si incollava davanti alle vetrine di Van Cleef. Solo che questa era Vhernier. Un'azienda di nicchia che fatturava circa un milione all'anno. Tornò da quella trasferta sostanzialmente demoralizzato.

Aveva 44 anni e fino a quel momento, assieme al fratello, si era occupato dell'azienda di famiglia (il padre aveva la concessione della Coca Cola in Italia) ma quel giorno, a Basilea, era andato in cerca di qualcosa che lui aveva pianificato da sempre con la precisione di un maresciallo di campo (tra il liceo scientifico e la laurea in Giurisprudenza a Losanna aveva infilato un anno sabbatico per lavorare da un orafo a Villa d'Este). Dopo un paio di settimane un amico svizzero lo chiamò e gli disse «c'è un'azienda di gioielli in vendita, ma non posso dirti di chi si tratta. Devono prima vedere il tuo profilo». Manco a dire che il suo profilo venne accettato. Manco a dire che l'azienda in vendita era Vhernier: era stata lei a trovare lui, come un missile a ricerca di calore. Chiuse l'acquisto il 3 agosto 2001 (ignaro di tutto ciò che sarebbe iniziato con l'11 settembre...). Il primo giorno del resto della sua vita.

Oggi Vhernier è uno dei marchi più importanti al mondo e sta sontuosamente virando verso l'alta gioielleria perché, come dicono le sue fortunate clienti «Vhernier è risolutivo: ti veste», e perché Traglio ci mette tutto quello che ha dentro: arte, architettura, design, visione, stile pulito perché less is more . Disegna gioielli ma potrebbe anche aggiungere un'ala al Louvre o costruire un nuovo ponte sul Tamigi.

Diluisce il gusto in tutto (che sia un pavé di brillanti o un bicchiere per la sua tavola), ha sempre bisogno di un cantiere aperto (pare possegga certe dimore che a confronto Buckingham Palace sembra una brutta scatola piazzata in prossimità di una rotonda) e prova un sofisticato piacere nel far stare bene chi gli sta attorno.

Compresi quelli che lavorano per lui (quasi tutti alla seconda vita anche loro, per quanto giovani, e «reduci» da gavette di lusso in grandi marchi). Traglio piace al lusso. D'altra parte ci è nato dentro. Ma lui, col lusso ci veste gli altri.

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