da Parigi
Il capovolgimento dei sondaggi è ormai consolidato: sei consecutive indagini demoscopiche, realizzate dai cinque principali istituti francesi, affermano che - nell'ipotesi di un ballottaggio immediato tra la socialista Ségolène Royal e il leader del centrodestra Nicolas Sarkozy, quest'ultimo avrebbe via libera per l'Eliseo. La maggior parte dei sondaggi attribuisce a Sarkozy un vantaggio di quattro punti (52 contro 48%) sulla rivale. Non è ancora uno scarto incolmabile - il primo turno si svolgerà il 22 aprile e il secondo il 6 maggio - ma il trend è preoccupante per la candidata socialista, abituatasi l'anno scorso a essere vezzeggiata dagli istituti demoscopici.
Per trovare un po' d'ossigeno, la Royal è partita ieri per le Antille francesi. I voti della Guadalupa e della Martinica possono essere molto utili in caso di risultato sul filo di lana e la «Zapatera» vuole ipotecarli. Però anche in questo caso c'è un problema: il «caso Frêche». L'esponente socialista Georges Frêche, presidente della regione di Montpellier (Linguadoca-Rossiglione) è un curioso signore dal linguaggio assai poco politically correct. Le sue due ultime uscite sono oltre la linea gialla. Parlando degli harki, ossia dei francesi discendenti dagli algerini che lavorarono per l'amministrazione coloniale, Frêche li ha definiti col termine davvero infelice di «sottouomini». E - a proposito della nazionale francese di calcio - il giudizio del presidente della regione mediterranea-pirenaica è tagliente: «La presenza di calciatori neri e arabi non rispetta i rapporti reali nella popolazione francese». Ci sarebbero, insomma, troppi calciatori di colore nella squadra affidatasi l'anno scorso alla testa di Zidane. Parole come pietre. Ieri Frêche è stato condannato a 15mila euro di multa per la frase sugli harki. Nelle Antille francesi, da dove viene buona parte della popolazione di colore della Francia metropolitana, un movimento di protesta chiede l'immediata espulsione di Frêche dal Partito socialista e minaccia - in caso contrario - proteste contro la visita della Royal.
Anche «Sarko», come i francesi chiamano il ministro dell'Interno Sarkozy, ha la sua insidiosa gatta da pelare. A seguito di rivelazioni di stampa, i Rensegnements généraux (Digos francese) hanno ammesso di «avere un fascicolo» su Bruno Rebelle, l'ex direttore di Greenpeace France, che fa parte da qualche settimana dello staff della campagna elettorale della Royal. La polemica contro «Sarko» è un missile a due stadi: 1) «conflitto d'interessi» di un candidato all'Eliseo che è anche ministro dell'Interno e che viene dunque esortato a lasciare questa responsabilità; 2) presunto spionaggio a danno di un membro dello staff rivale.
Ieri Sarkozy ha definito «ridicola» l'idea che sia stato lui a sollecitare l'inchiesta su Rebelle. I suoi più stretti collaboratori sono anche più espliciti nello smentire questa ipotesi. La cosa che stupisce non è l'esistenza di un dossier su un responsabile di Greenpeace (nel 1985 i servizi segreti francesi arrivarono ad affondare una nave di Greenpeace, uccidendo una persona che si trovava a bordo), ma il fatto che il fascicolo sia stato aggiornato dopo l'uscita di Rebelle dal vertice di quell'organizzazione e dopo il suo ingresso nel team della Royal.
Intanto sono scesi in campo ieri gli imprenditori, massicciamente riunitisi (erano ben seimila) al Palazzotto dello sport di Parigi Bercy per far sentire la loro voce in campagna elettorale e per acclamare la loro presidente Laurence Parisot. Quest'ultima ha chiesto «un po' d'aria fresca» per la libera impresa in Francia e ha attaccato sia il dirigismo statalista transalpino sia le impressionanti dimensioni del prelievo fiscale, arrivato al 45% del Pil.
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