Tra i sospettati c'è anche un boss della camorra

Una lunga storia, cominciata nel 1633 in Olanda grazie al genio di Rembrandt

Tra i sospettati c'è anche un boss della camorra

Una lunga storia, cominciata nel 1633 in Olanda grazie al genio di Rembrandt, proseguita negli Stati Uniti per mano dell'ereditiera e collezionista americana Isabella Stewart Gardner e poi trasformatasi in un giallo intricatissimo, che coinvolge perfino un boss della camorra di Castellammare di Stabia. Del «Cristo nella tempesta sul mare di Galilea», olio su tela che raffigura il miracolo di Gesù che calma le acque durante una burrasca secondo la descrizione contenuta nel Vangelo di Marco, si sono perse le tracce il 18 marzo 1990, perché anche questo capolavoro, così come il «Concerto a tre » di Johannes Vermeer, fa parte del bottino sottratto al museo Isabella Stewart Gardner di Boston da un gruppo di misteriosissimi ladri.

Da quel momento nessuno, neanche l'Fbi, è riuscito a rintracciare quello che viene considerato l'unico paesaggio marino dipinto da Rembrandt, che per alcuni critici nasconderebbe un autoritratto dell'autore. Il suo valore oggi è inestimabile, così come enorme è la curiosità intorno al suo destino. Chi vuole ammirarlo può farlo solo attraverso foto scattate prima della sua scomparsa, oppure guardando il film di Danny Doyle «In trance», che all'inizio cita proprio l'opera con relativo e ormai famigerato furto.

Le indagini non si sono mai fermate e con varie peripezie hanno portato gli inquirenti fino in Campania. Nel 2017 le forze dell'ordine hanno messo nel mirino il presunto narcotrafficante stabiese Raffaele Imperiale, ritenuto il nuovo proprietario del capolavoro utilizzato dalla malavita come «valuta» pregiata, in pratica come merce di scambio per chiudere affari.

Un blitz delle forze dell'ordine che penetrarono in un casolare del rione Annunziatella di Castellammare, nella disponibilità del boss, diede buoni frutti visto che consentì di recuperare due opere di Van Gogh («La spiaggia di Scheveningen», del 1882, e «La chiesa di Nuenen», del 1884). Ma non il Rembrandt, che è ancora, per così dire, «latitante».

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