I vent’anni di un festival che non propone solo concerti

A Sant’Anna Arresi tra libri e dibattiti spiccano le performance di Anthony Braxton e Muahl Richard Abrams

Franco Fayenz

da Sant’Anna Arresi (Cagliari)

In nessun Paese al mondo si tengono tanti festival del jazz come in Italia, specie in luglio, quasi che il Belpaese sia la seconda patria della musica afroamericana (ma non è vero). Gli intenditori, un po’ alla volta, se ne sono giustamente stancati, oppure hanno compiuto una scelta dettata dall’esperienza. Si sono accorti, cioè, che le manifestazioni di luglio si assomigliano tutte o cedono - soprattutto le maggiori - a tentazioni mercantili. Mentre quelle di agosto e di settembre cercano di fare delle proposte originali, di confine. È il caso di Roccella Jonica e di Sant’Anna Arresi che si trova nell’estremo Sud della Sardegna, a due passi da Capo Teulada.
Il festival di Sant’Anna Arresi quest’anno celebra il proprio ventennale. Per l’occasione il programma si è diviso in due parti: una settimana, al principio di agosto e dieci giorni in settembre. Concerti spesso molto belli, naturalmente, ma non solo. Nel 2004 si era tenuto a Sant’Anna un convegno sul sassofonista Eric Dolphy, una delle più fulgide meteore musicali del secolo scorso, con il contributo di studiosi quali Francesco Martinelli, Claudio Sessa, Alan Saul, Paul Karting, Gerard Rouy e Graham Connah. Adesso il convegno è diventato un libro, Tender Warrior, pubblicato da Punta Giara (pagine 98, ordinazioni dirette con offerta) compreso un cd allegato.
Nel disco si può ascoltare un prezioso inedito di Dolphy, Strength and Unity, eseguito con il trio di Bob James, donato all’editore dalla famiglia di Dolphy in riconoscimento del contributo che il libro, ben al di là del convegno, darà alla conoscenza del loro illustre congiunto.
I concerti si sono imperniati sulla figura del polistrumentista Anthony Braxton, compositore erudito che intende porsi - e farsi riconoscere - tanto sul terreno della musica improvvisata quanto su quello delle composizioni contemporanee occidentali. In Italia Braxton non ha molto seguito, salvo quando accetta di suonare jazz classico perché la sua musica è ardua, vigorosa e porta a ulteriori conseguenze, senz’alcuna concessione, il messaggio di Eric Dolphy. Ma a Sant’Anna ha avuto successo sia in sestetto sia in trio con William Parker al contrabbasso e Andrew Cyrille alla batteria.
Il festival ha toccato il vertice con 50 minuti di pianoforte solo, straordinari e ininterrotti, offerti da Muhal Richard Abrams. Il grande musicista di Chicago sa veramente mixare con la sua cultura (ben più di un Keith Jarrett) Chopin, Cecil Taylor, Beethoven, Brahms, Debussy, Ravel, Bill Evans e Lennie Tristano.

Forse per questo, al confronto, ha un po’ deluso l’altro pianoforte solo del giovane e attesissimo Vijay Yier, al quale va data al più presto una prova d’appello. Suoni pregevoli sono venuti anche dalla singolare Phanta Brass Orchestra riunita e diretta dal trombonista Giancarlo Schiaffini, che sa fondere mirabilmente reminiscenze classiche, jazz tradizionale e jazz moderno.

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