Iaia Forte: «La mia Molly, un grido alla vita»

«Un amplesso quasi panteistico. Un orgasmo legato alla Natura, in una sorta di divinizzazione dell'essere femminile. Ma anche un inno alla vita, che si amplia a dismisura nell'accettazione sensuale e amorosa dell'incontro con il marito». Iaia Forte, intensa protagonista del teatro e del cinema italiano, in scena con «Molly B.-tutti i miei sì» al Teatro Sala Fontana (via Boltraffio 21, fino al 29 aprile, tel. 02-6886314), radiosa nella sua bellezza mediterranea, enfatizza, rapita, l'incontro con l'intima sensualità del testo, tratto dal monologo di Molly Bloom nell'«Ulysses» di James Joyce. Lo spettacolo, tradotto in napoletano da Ruggero Guarini, che dà al famoso monologo di Joyce una profonda dimensione sensoriale, è diretto da Carlo Cecchi, ed è ritornato a Milano («sono sempre molto contenta di recitare in questa città e dell'accoglienza del pubblico milanese», dice l'attrice) dopo il felice debutto nel 1999. A tutela della memoria del repertorio e «fuori dall'obbligo del meccanismo consumistico», Iaia Forte lo ha ripreso in autonomia (e già portato a Parigi e Bogotà), ma rinnovando la scenografia che vede, in questa edizione, il pubblico collocato sul palco, proprio attorno al letto. Nella traduzione napoletana, Molly Bloom è diventata Marianna Fiore e al centro di una scenografia essenziale si lascia andare a un flusso di coscienza in cui prendono corpo ricordi, immagini, amori, in un condensato di aggressività e tenerezza. «Il rapporto personale con i lavori che fai - spiega l'attrice - si modifica nel tempo anche rispetto alle esperienze che vivi come persona: oggi, più matura, lo comprendo di più e colgo meglio l'ironia e al tempo stesso la grande malinconia. Il nuovo allestimento vuole ricreare e accentuare la dimensione voyeuristica dello spettatore che, come fuori da una camera da letto, spia dal buco della serratura: una sorta di performance in atto, diceva anche lo stesso Cecchi, che si svolge in un tempo indefinito tra la veglia e il sonno, dove anche il tono della mia voce facilita la lettura del significato di quello che accade sulla scena». E sulla scena il pensiero si srotola e prende forma attraverso il corpo sinuoso, ferino e sensuale dell'attrice, in una subli.me descrizione dell'universo femminile (il pensiero va dall'amante al primo amore e al marito, ma anche al dolore per il figlio morto, alle superstizioni, al fascino per la natura), il cui tema in generale è l'amore, ma «scandaloso» per fisicità, carnalità e per il rapporto che Molly instaura con il suo stesso corpo. Marianna Fiore, mediata dalla musicalità del dialetto napoletano, diventa sensibilità pura anche attraverso la coscienza fisiologica: «Dopo che Raffaele La Capria mi segnalò la traduzione in napoletano - dice Iaia Forte - ne parlai con Cecchi, lui subito ricordò come la voce di Molly, registrata su disco da un'attrice irlandese, gli avesse già suggerito affinità con la cadenza della Campania.

Molly - conclude l'attrice napoletana - per me è un ventre in solitudine, un grido alla vita, un accumulo di onde, ma anche un recupero della memoria biologica attraverso una lingua che appartiene ad una terra che evoca la Natura, l'oblio e la realtà stessa».

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