Immigrati e tasse, non buttate benzina sul fuoco

Discussione a sé merita il discorso profughi, accoglienza, integrazione ecc., ma la cosa che mi ha veramente incuriosito è: perché la tassa sul carburante? È un modo per penalizzare ulteriormente persone, come me, che abitano in zone disagiate e hanno bisogno costantemente dell'auto per muoversi. Perché io che non risiedo in città, devo pagare per i profughi molto di più rispetto ai miei colleghi che in città hanno a disposizione tutti i mezzi pubblici per recarsi al lavoro? Prendiamo lo stesso stipendio, ma il mio, già decurtato per le spese sostenute, lo sarà ulteriormente, mentre il loro no? Trovo l'eventuale provvedimento veramente iniquo e discriminante.Rossana Terzanoe-mail Siamo d'accordo, gentile lettrice: la gabella sulla benzina è iniqua e discriminante. Ma non è solo questo ciò che rende deplorevole la trovata di Wolfgang Schäuble. È la sua ragion d'essere. Dice il ministro tedesco che a «bilanci nazionali o europei non sufficienti», tassando la benzina «eviteremo che la soluzione del problema fallisca a causa di una limitazione dei mezzi da adottare». E il rigore? Caposaldo della dell'Ue canonizzato dai patti di stabilità e dai «fiscal compact»? Imposti onde non venga in mente di fare il passo più lungo della gamba, pena l'esser messi in riga dalla dura e perentoria azione della Troika? Non si scappa: volersi intestardire di risolvere «la crisi dei rifugiati» con «bilanci nazionali o europei non sufficienti» vuol dire fare il passo più lungo della gamba. Vuol dire barare (con la carta nella manica rappresentato dalla tassa sulla benzina) al gioco. E che intenda farlo proprio un guardiano del rigore è un'altra solenne mazzata a quel che resta del mito del buon governo europeo.

Contingentare i migranti, questa è l'unica possibile risposta da dare alla crisi dei rifugiati. Numero chiuso a quel che consentono le casse statali o comunitarie. Non è un fallimento, come vorrebbe Schäuble, ma solo buon senso e con quello non si sbaglia mai.

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