Imprese, basta incentivi Ora abbassiamo le tasse

I sussidi di Stato alle aziende sono inutili, bisogna alleggerire il fisco. Monti l’aveva promesso ma temporeggia

Imprese, basta incentivi  Ora abbassiamo le tasse

È un odore che il capitalismo italiano si porta sulla pelle da una vita, una sorta di maledetta anomalia che puzza di burocrati e clientele. Le imprese dovrebbero cercare gloria e profitti sul mercato. Qui da noi invece troppe aziende si sono preoccupate di conoscere qualcuno nei «palazzi», al ministero, un amico in regione, un lobbista bravo a navigare nel sottobosco dei privilegi, un amico degli amici bravo a strappare risorse a uno Stato troppo grasso e troppo grosso.

È un vizio che danneggia i veri imprenditori e inquina la politica. Qualcuno aveva sperato che Monti chiudesse certi rubinetti.
Non lo ancora fatto. Così ora la polemica sui sussidi alle imprese agita i libertari del Foglio, diventa dotta conversazione tra gli accademici di economia, fa arrabbiare i blog meno qualunquisti della galassia di Grillo e approda anche nelle rivendicazioni liberali di una parte del Pdl.
La domanda in fondo è cruda. A che servono questi sussidi? Fanno bene all’economia italiana? Quanti sono? Dove sono? Chi li prende? Non è meglio tagliarli e abbassare le tasse su imprese e lavoratori?

Non c’è dubbio che questo strumento non sia equo e non ha nulla di liberale. Lo Stato dà i soldi a questa azienda e a l’altra no, favorisce un settore invece di un altro. Se abbassi le tasse a tutti invece non ci sono figli di un Dio minore.
Marco Cobianchi, giornalista di Panorama, su questo argomento ha scritto un pamphlet ricco di notizie. Il titolo è Mani bucate. «Il problema è che nessuno, nemmeno la Confindustria, ha mai quantificato a quanto ammontino annualmente le risorse «vere» che dalle casse dello Stato passano ai portafogli degli imprenditori. Tantomeno è in grado di farlo lo Stato, immobilizzato da una burocrazia di fronte alla quale anche i magistrati della Corte dei conti hanno dovuto piegare la testa. Gli unici dati ufficiali riguardano i fondi europei. Nel 2008 le aziende hanno incassato 5,8 miliardi saliti a 9,5 miliardi nel 2009. Ma i soldi provenienti dalla Ue sono una parte (addirittura trascurabile) del tutto, perché la sola legge 488, quella conosciuta per avere fatto piovere sul sistema imprenditoriale italiano aiuti “a pioggia”, costa da sola alle casse pubbliche più di 1 miliardo l’anno».

L’altra domanda, ancora più fondamentale, è: ma servono? Secondo Bankitalia no. Nel 2009, pochi mesi dopo che Marcegaglia stessa aveva chiesto al governo «denari a sostegno delle imprese», Draghi disse: «I sussidi alle imprese sono stati generalmente inefficaci. Si incentivano spesso investimenti che sarebbero stati effettuati comunque; si introducono distorsioni di varia natura penalizzando frequentemente imprenditori più capaci. Non è pertanto dai sussidi che può venire uno sviluppo durevole delle attività produttive». Possibile? Cobianchi scrive: «A supporto di questa affermazione ci sono centinaia di numeri, diagrammi, percentuali. Ma ne basta uno solo. Tutti i sussidi alle imprese impiegati nel Mezzogiorno hanno fatto crescere il Pil del Sud di appena lo 0,25 per cento rispetto a una crescita tra lo 0,6 e lo 0,9 per cento fatta registrare dalle aree depresse degli altri paesi europei».
Forse non servono neppure i numeri. Basta guardare. Ricordare. Ci sono pezzi di Italia dove il capitalismo è stato solo di Stato. Grandi industrie cresciute e morte all’ombra dell’assistenza pubblica. Negli anni ’70 c’è gente che con la Cassa del Mezzogiorno è passata da muratore a imprenditore edile e si è scoperto miliardario. Soldi regalati, soldi buttati, soldi di clientele, soldi in nome dell’occupazione dove gli occupati erano nomi fittizi di parenti e amici, soldi in cambio di voti. Soldi che non creano ricchezza.

La beffa è che gli imprenditori veri, come racconta Dario Di Vico sul Corsera, si ammazzano perché lo Stato gli

deve 250mila euro per lavori finiti e mai pagati.
Ecco. Monti queste cose le sa, le ha scritte. Meno sussidi e meno tasse. Magari così lo Stato trova il tempo, i denari e l’onore per pagare i suoi debiti con le imprese.

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