Paola Fucilieri
Dopo tre scuole danneggiate da minorenni nel territorio di loro competenza in poco più di un anno e mezzo i carabinieri della compagnia di Corsico non se la sentono di fare commenti moraleggianti sugli ultimi 14 ragazzini (tutti studenti al primo o secondo anno delle superiori) denunciati per aver partecipato in due riprese, nel fine settimana tra il 4 e 5 marzo, alla distruzione della loro ex scuola, la Media «Sandro Pertini» di Assago. Chiunque si sentirebbe infatti monotono ad ammettere che alla base di tutti questi vandalismi di giovanissimi cè sempre e soltanto lei: la noia. Motivazione banale, ma mai così reale e diffusa come negli ultimi anni tra gli adolescenti di ogni ceto sociale e apparentemente «normali». Che, specie nel fine settimana, dopo un trancio di pizza, una chiacchiera e qualche giro in scooter, seguono senza un perché (ma anche senza batter ciglio) chi pronuncia la fatidica frase: «Perché non andiamo a scuola a spaccare?».
«Non sono mai gruppi compatti. Molti si conoscono appena. Sincontrano per caso e decidono di seguire la proposta buttata lì casualmente da uno qualunque, non certo un leader, voglioso di sfide. Un tipo che, alla fine, non si riesce mai a sapere chi sia: i responsabili, anche i più pentiti, non ce ne rivelano mai lidentità» ammettono i militari.
Dopo la scuola allagata a Cesano Boscone, il rogo delle aule a Rozzano, quello degli uffici dellInps e i danneggiamenti alla sede dellAsl di Pieve Emanuele, il copione ad Assago si è ripetuto pari pari. Come a Cesano e a Rozzano anche i 14 denunciati (tra cui due ragazze) che a breve saranno giudicati dal tribunale dei minori hanno agito in momenti differenti: il primo gruppone di 8-9 soggetti la sera del 4 marzo, reduci da un piccolo «raduno» in un piccolo parco della località; gli altri la sera successiva, partendo da un bar-paninoteca sotto il palazzetto del Forum, sulla scia di quello che avevano saputo era accaduto la sera prima. Cè chi ha partecipato a entrambi gli episodi; cè anche però chi ha sempre declinato linvito.
«I responsabili erano consci che sarebbero stati ripresi dalle telecamere della scuola, così si sono coperti il volto con i cappucci delle felpe o i cappellini. Salvo poi non riuscire a non raccontare in giro limpresa» hanno detto i carabinieri.
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