Inchieste tra sanità e sagre: Pd umbro rosso di vergogna

Non c’è solo il caso dell’ex sindaco di Gubbio a scuotere la regione. Nel mirino ristrutturazioni di immobili fatte con soldi pubblici e indagini per peculato

Inchieste tra sanità e sagre: Pd umbro rosso di vergogna

Nella rossa, rossissima, Umbria non ci sono solo gli insaziabili appetiti sessuali e le manovre truffaldine dello «zar» Orfeo Goracci, vicepresidente bertinottiano del consiglio regionale ed ex sindaco di Gubbio. Sono parecchie le indagini che impensieriscono i vertici delle istituzioni locali a guida Pd. E laddove non c’è reato, c’è una questione morale grande come una «casa».
Ne sa qualcosa l’assessore regionale all’Agricoltura Fernanda Cecchini «pizzicata» a finanziare con 83mila euro (a fondo perduto) la ristrutturazione dell’abitazione dove vive la sorella Gioia grazie ai fondi di un bando del Programma di sviluppo rurale varato dal suo stesso assessorato. A cui ha avuto accesso (per 200mila euro) anche un parente dell’attuale vicesindaco democrat di Città di Castello, di cui la Cecchini è stata fino a poco tempo fa fascia tricolore. E dall’assessore regionale Pd al governatore Pd il passo è breve, perché per ben due volte il nome del presidente della Giunta Catiuscia Marini (non indagata) è spuntato nei documenti sulle tangenti Enac in cui sono rimasti impigliati Franco Pronzato (ex Cda dell’Ente ed ex responsabile del Pd per il trasporto aereo) e Vincenzo Morichini, fedelissimo di D’Alema.
In un pizzino sequestrato a Viscardo Paganelli (proprietario della società «Rotkopf aviation», arrestato per la bustarella da 68mila euro a Pronzato per acquistare due tratte aeree in Toscana) c’è scritto «Marini 20mila». Un contributo ufficialmente stanziato per l’Umbria Jazz Festival che rientrerebbe nel finanziamento complessivo di 200mila euro che Paganelli ha versato (non si sa a che titolo) a politici e amministratori locali. La Marini ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento. A parlare per la prima volta di soldi al governatore era stato l’imprenditore Pio Piccini a verbale: «Nel luglio del 2010, mi venne chiesto dal segretario del presidente della Regione Umbria di sponsorizzare Umbria Jazz. Mi venne inviato il contratto a Roma, che siglo per 20mila euro. Soldi che avrei dovuto pagare ahimé, la prima tranche, il 9 luglio, giorno in cui vengo arrestato, e l’altra il 31 luglio».
Peggio è andata al predecessore della Marini, Maria Rita Lorenzetti, e a due ex assessori Maurizio Rosi (Sanità) e Vincenzo Riommi (Bilancio) indagati nell’inchiesta su «sanitopoli» che ha acceso i riflettori sulle «infornate» all’Asl di Foligno e su una lunga sfilza di reati che comprendono contratti di lavoro «pilotati», distruzione di atti relativi a una operazione chirurgica che si concluse per il paziente con la perdita di un rene e l’assunzione sospetta di un militante del Pd di Foligno, David Alpaca. Il giovane (indagato) è finito in un brogliaccio dei carabinieri mentre spiega a un imprenditore che vuole fare affari in città che «dovrà pagare il sindaco (Nando Mismetti, anche lui indagato) e il responsabile delle aree, senza fare tanti giochi», aggiungendo subito dopo che «il sindaco è contento di risparmiare i soldi poiché coi soldi risparmiati può mettere dentro tutti i compagni suoi marchettari con contratti a progetto».
Sott’inchiesta anche l’ex vicepresidente della giunta Carlo Liviantoni, l’ex capo di Gabinetto del governatore Sandra Santoni e il consigliere regionale Pd Luca Barberini. E ancora. Il presidente del Consiglio regionale Eros Brega è indagato per peculato in riferimento al suo ruolo di ex responsabile dell’associazione «Eventi valentiniani» impegnata nell’organizzazione della festa del Patrono di Terni. Con lui, è finito nei guai il direttore della locale Confommercio Leandro Porcacchia arrestato per una estorsione da 100mila euro a un ristoratore. Nei conti della festa patronale mancano 200mila euro, a occhio e croce, e non si sa dove siano finiti.

Di Terni è stato rinviato a giudizio pure l’ex sindaco rosso Paolo Raffaelli finito in una storia di rifiuti dove si parla di disastro ambientale, truffa allo Stato, mobbing e abuso edilizio, e dove, strano ma vero, il Comune ha dovuto fare retromarcia sulla costruzione dell’inceneritore di Maratta accorgendosi, solo dopo una denuncia in Procura degli ambientalisti, che non c’erano autorizzazioni ad aprire il cantiere.
(ha collaborato Simone Di Meo)

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