A volte ritornano. O, forse, non se sono mai andati. Perché, in fondo, sono sempre gli stessi. Come Gaudenzio Garavini. Ricordate? Lo abbiamo lasciato nellarticolo di ieri, impegnato anima e corpo, ventanni fa, a trovare casa allindigente Pier Luigi Bersani e poi a pagargli, generosamente, metà canone con i soldi della Cisl, frutto di finanziamenti pubblici. Allora lattuale segretario del Pd era vicepresidente della regione Emilia Romagna, dopodiché sappiamo la carriera che ha fatto. E sappiamo, da ieri, anche quanto se la prende quando il Giornale gli ricorda, estratti conti alla mano, la storia del suo affitto pagato dal patronato. «Sono messi male se devono attaccarsi a queste cose. Non è la prima volta che mettono fango nel ventilatore, è successo anche quindici anni fa in regione con esposti alla magistratura che archiviò perché il fatto non sussisteva. Le case me le sono sempre pagate, a differenza loro, e quanto ricaverò da questa situazione lo darò ai disoccupati che ne hanno bisogno», ha dichiarato ieri il leader piddino in Sardegna. Peccato però che il Giornale abbia già scritto ieri che le inchieste sono state archiviate e abbia pubblicato gli estratti conto che sono la prova dellaffitto pagato a metà. Così come prendiamo buona nota della precisazione ma anche dellimbarazzo evidente con cui lattuale presidente dello Ial-Cisl dellEmilia Romagna, Paolo Paramucchi, ci ha fatto sapere che «lappartamento al quale si fa riferimento era nella legittima disponibilità dellallora amministratore dello Ial dellEmilia Romagna e che, da pendolare su Bologna, si trovava spesso nella necessità di fermarsi per più giorni nel capoluogo dove ha sede lente. Lo stesso appartamento era condiviso con altre persone anchesse pendolari su Bologna con le stesse necessità. Dei costi relativi dellamministratore Ial lente se ne è fatto legittimamente carico...». Converrà, presidente che dalle sue parole viene da pensare che allepoca quellappartamento di sessanta metri quadrati fosse un tantino superaffollato.
Ma torniamo a Garavini, luomo che, controllando lo Ial, lIstituto per lavviamento al lavoro, controllava anche un bel po di quattrini di quei famosi finanziamenti pubblici, ha fatto una discreta carriera. E senza mai muoversi da Bologna. Infilando, al massimo, le sue poche cose in qualche scatolone per traslocare da una scrivania allaltra o da un palazzo allaltro. Con particolare predilezione, però, per le scrivanie e i palazzi eccellenti. In altre parole ventanni non sono passati invano se lencomiabile benefattore di Bersani si guadagna nuovamente gli onori della cronaca. Colpa o merito del sindaco di Bologna, o meglio dellex sindaco di Bologna, Flavio Delbono costretto, nel gennaio scorso, a battere in ritirata e a lasciare la città in mano al commissario di governo dopo il «Cinziagate», dal nome della sua ex compagna ed ex segretaria Cinzia Cracchi, che lo ha travolto. Che cazzecca Garavini con Delbono? Cazzecca. Perché se sono oramai arcinote le faccende di Flavio Delbono e dellinchiesta a suo carico per presunto utilizzo improprio di denaro pubblico a fini privati (rimborsi sospetti per missioni allestero, tali da spingere i giudici a contestargli di aver portato la signora Cracchi in vari Paesi esteri a spese della Regione Emilia-Romagna), forse è sfuggito un secondo e più recente filone di indagini. La storia di un altro aiutino. O presunto tale, offerto dallimmarcescibile Gaudenzio Garavini al suo nuovo e autorevole amico, Delbono che lo aveva portato con sé in Comune. Come dicevamo è storia di una manciata di giorni fa, questa volta. Gaudenzio Garavini è finito nel «Cinziagate» perché le nuove indagini avviate dalla Procura felsinea ruotano attorno al trattamento di favore riservato dalla Regione a Cinzia Cracchi. Di fatto Gaudenzio Garavini, ex direttore del personale in Regione ed ex direttore generale di Palazzo dAccursio, la sede municipale, è indagato per abuso dufficio dopo il trasferimento dalla Regione al Cup, Centro unificato di prenotazione sanitaria, di Cinzia Cracchi, la ex di Delbono, e per averle concesso di mantenere una maggiorazione di 800 euro netti nel suo stipendio nonostante il cambio di mansione. Un privilegio che, secondo la Procura, costituisce un vero e proprio abuso.
Vediamo di capirci qualcosa in più. Cinzia Cracchi, che lavorava come dipendente comunale, venne chiamata da Delbono, quando diventò vicepresidente dellEmilia-Romagna, a far parte della sua segreteria. Oltre allo stipendio di dipendente regionale ebbe il cosiddetto «emolumento unico», una maggiorazione di 1.161 euro lordi al mese, spettante a chi faceva parte della segreteria. Naufragata la sua relazione con Delbono la Cracchi venne distaccata al Cup, con lo stesso stipendio. Ma quando Delbono, nel febbraio 2009 si candida a sindaco di Bologna e si dimette dalla Regione, anche la sua segreteria si dissolve e con essa il cospicuo emolumento unico. Cinzia Cracchi non ci sta e minaccia una causa per mobbing. Poi, però, improvvisamente rinuncia allazione legale visto che lemolumento unico le rimane in busta anche se prende curiosamente il nome di «indennità di produttività».
Che cosa è accaduto? Secondo il pm che ha acquisito i tabulati telefonici Gaudenzio Garavini si sarebbe occupato in prima persona di aggiustare il problema trovando anche lescamotage. Tanto che Garavini in una telefonata fatta la sera del 5 aprile al direttore del Cup Mauro Moruzzi, avrebbe detto: «Tutto a posto. La questione Cracchi è sistemata».
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