Un «Inferno» ad effetti speciali

Corpi che sfidano la gravità, giochi impossibili per l'occhio e, dunque, anche per la mente. Una sfida alla curiosità dello spettatore, ma anche una straordinaria gratificazione per la vista, in un intreccio di coreografie e scenografie sempre cangianti. Qualcosa delle impossibili prospettive di Escher, sposate alle folli visioni di Bosch, e alle estranianti immagini di Magritte, il tutto deposto ai piedi di un universo immaginifico e letterario riconducibile al grande Dante Alighieri. Giungono al Teatro del Arcimboldi dal 3 al 15 maggio (ore 21, ingresso 30-17 euro, info 02.64.11.42.212) - dopo un girovagare per l'Italia di oltre tre anni - le visioni sorprendenti di Emiliano Pellisari, intitolate Inferno e Cantica II. Già autore di spettacoli come Daimon, No Gravity e Comix, Pellisari ha dedicato il suo ultimo progetto alla «Divina Commedia». In realtà, si tratta di una triplice fatica, perché questi primi due capitoli (Inferno fino all'8 maggio, Cantica II dal 10 in poi) troveranno compimento insieme a una terza parte - Paradiso - attesa in teatro per il febbraio 2012. «Lunatico, tirannico e accentratore»: così si definisce lo spigoloso autore di questo spettacolo, esperto di teatro ellenistico e teatro fantastico rinascimentale. «La fortuna di questo progetto - spiega candidamente lui - sono stati i giovani: grazie a internet e al suo passaprola ci siamo conquistati, giorno dopo giorno, un grande pubblico». E proprio dalla passione per il Rinascimento Emiliano Pelissari ha estratto la carta vincente: reinventando e correggendo alcuni spettacolari macchinari illusionistici del teatro di quell'epoca, totalmente dimenticati oggi, il regista e coreografo ha creato un nuovo tipo di show, nel quale danza, atletica circense, mimica, effetti speciali e musiche antiche e contemporanee (da Vivaldi a a Beethoven, per giungere a Cage e alla musica elettronica) si uniscono in una formula altamente suggestiva. E se qualcuno è tentato di tirare in ballo Momix e Moses Pendleton, Pellisari è pronto a ribattere: «Mettiamo in chiaro, Pendleton è un genio e io forse non sono nessuno, l'accostamento mi fa onore. Ma per me tra le due concezioni di spettacolo c'è un'enorme differenza, per ragioni culturali soprattutto». Innanzitutto, il racconto evocativo dei passaggi simbolicamente più importanti dell?Inferno e del Purgatorio: «Perchè ho chiamato Cantica II il Purgatorio? - rivela Pellisari - Per un semplice motivo: non gradisco quel nome. A Roma un pessimo spettacolo viene definito una purga. Con questi due capitoli danteschi ho voluto evitare una rappresentazione pedissequa, anche perché la Commedia non è rappresentabile. Volerla riprodurre fedelmente sul palcoscenico significa votarsi al ridicolo. Gli spettacoli sono una sintesi dei temi estetici, filosofico e teologici dei concetti della Commedia. Un aiuto fondamentale mi è venuto da mia moglie, grande esperta di letteratura e filosofia rinascimentale. Senza di lei non avrei potuto realizzare nulla. Mi rendo conto che si tratti di un teatro sui generis: per capirci, la Siae ha enormi problemi a classificarci in una precisa categoria, se prosa o circo o quant'altro. Diciamo che è anche un tipo di opera dispendiosa per i teatri che infatti, ospitandola, vengono iper-tassati dalla Siae». Dai tempi di No Gravity (giunse a Milano nel 2006), Pellisari ha affinato le tecniche illusorie: «C'è stata un'importante evoluzione nelle coreografie: si vedranno danzatori volare senza filo, sospesi nel vuoto, camminare su scale che conducono in tutte le direzioni possibili.

Diverso l'uso delle luci in Inferno e in Cantica II-Inferno - conclude Pellisari - è buio oscuro, caravaggesco, le figure umane sono quasi solo corpi seminudi; Cantica II è ricca di costumi, porte, oggetti di scena, è un mondo più ricco ed allegorico».

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