Prima la beffa, poi il colpo: "Condanna irrevocabile"

Il presidente Esposito spiazza tutti annunciando all'inizio l'annullamento con rinvio della sentenza, ma limitato all'interdizione. La difesa: "Sgomenti, ricorreremo in Europa"

Prima la beffa, poi il colpo: "Condanna irrevocabile"

Roma - È ora «irrevocabile» la condanna a 4 anni (di cui 3 coperti da indulto) di Silvio Berlusconi, per frode fiscale nel processo sui diritti tv Mediaset.
Quando, dopo quasi 7 ore di camera di consiglio, il presidente della sezione feriale Antonio Esposito legge il dispositivo della sentenza, nell'affollata aula Brancaccio della Cassazione c'è un momento di incertezza. Perché inizia col dire: «La Corte annulla con rinvio...». Subito dopo, però, l'equivoco (in cui cade un'agenzia di stampa, oltre che un gruppo di fan del Cavaliere davanti a Palazzo Grazioli) si scioglie e si capisce che ad essere cassata è solo la parte della sentenza di secondo grado che fissa la pena accessoria dell'interdizione per 5 anni dai pubblici uffici. Dovrà essere «rideterminata nei limiti temporali», da un'altra sezione della Corte d'Appello di Milano.

È ben poca cosa, una quisquilia dal sapore di beffa. Per il leader del Pdl la débacle è totale, la sua prima condanna definitiva nella guerra dei vent'anni con le toghe di Milano. Un verdetto dalle dirompenti conseguenze politiche, oltre che giudiziarie.

A nulla sono servite le convincenti argomentazioni in punta di diritto del professor Franco Coppi, né le appassionate contestazioni sui diritti della difesa violati di Niccolò Ghedini.

I due difensori di Berlusconi non siedono in aula, ma aspettato il verdetto dalla tv a Palazzo Grazioli, accanto al Cavaliere. E devono spiegargli, in termini giuridici, che i 5 giudici della Suprema Corte hanno accolto in pieno le richieste dell'accusa. Il sostituto procuratore generale Antonello Mura, infatti, respingendo tutti i 94 motivi di annullamento proposti degli avvocati di Berlusconi e dei suoi coimputati, aveva chiesto di correggere unicamente l'errore di calcolo della pena accessoria, riducendola da 5 a 3 anni.

Solo in serata Coppi, Ghedini e Piero Longo in una nota annunciano l'intenzione di cercare giustizia in Europa: «La sentenza non può che lasciare sgomenti. Vi erano solidissime ragioni ed argomenti giuridici per pervenire ad una piena assoluzione del presidente Berlusconi. Valuteremo e perseguiremo ogni iniziativa utile anche nelle sedi europee per far sì che questa ingiusta sentenza sia radicalmente riformata».

Al Palazzaccio, per lo studio Coppi, ascoltano il verdetto la figlia Francesca e l'avvocato Roberto Borgogno, che rimangono impietriti e anche dopo non dicono neppure «a». Al loro fianco ci sono i difensori degli altri 3 protagonisti del processo Mediaset, le cui condanne vengono confermate come quella di Berlusconi. «Una sentenza ingiusta e ingiustificabile in uno stato di diritto», esplode Roberto Pisano, legale del produttore Frank Agrama. «Meglio non commentare», dice scuotendo la testa Filippo Dinacci, che difende l'ex manager Mediaset Gabriella Galetto. E su Berlusconi spiega che «la pena accessoria potrebbe ridursi fino ad un anno di interdizione dai pubblici uffici, perché le norme prevedono da un anno a un massimo di 3».

È stata la giornata più lunga di un caso giudiziario durato 10 anni, da quel 13 maggio 2003 in cui trapelò la notizia di un'inchiesta della procura di Milano sul leader Pdl e altri. Il rinvio a giudizio arrivò nel 2006 e la parola fine, almeno sulla pena ormai definitiva, è stata detta ieri alle 19 e 40.Il collegio dei 5 supremi giudici si è chiuso in camera di consiglio a mezzogiorno e mezzo e le porte del Palazzaccio, presiedute dalle forze dell'ordine, sono state chiuse alla stampa fino alle 17.

Per lunghe ore c'è stato spazio solo per ipotesi, valutazioni e indiscrezioni. Alcune parlavano di due linee a confronto, nel chiuso di quella stanza al secondo piano. Una più possibilista per un annullamento con rinvio che avrebbe accolto qualche motivo della difesa e sarebbe stata incarnata dal relatore Amedeo Franco e l'altra di totale chiusura, che sarebbe stata condivisa dal presidente Esposito.

Altri spiegavano la riunione-fiume a porte chiuse solo con le difficoltà tecniche per un ricorso così complesso.

Probabilmente, non sapremo mai come sono andate davvero le cose. Se e quanto la politica ha pesato sulla giustizia.

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