Anita Maurodinoia, chi è l'esponente Pd indagata per corruzione a Bari

Ha portato più di 6mila voti a Decaro, e 20mila a Emiliano

Anita Maurodinoia, chi è l'esponente Pd indagata per corruzione a Bari
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Anita Maurodinoia, assessore regionale del Partito Democratico in Puglia, era stata anche la prima degli eletti al consiglio comunale di Bari. Ad Antonio Decaro aveva portato in dote 6.234 voti. L’anno dopo alle regionali a Michele Emiliano ha portato 20 mila voti. E lui per ricambiare l’ha nominata assessore regionale ai Trasporti.

Stamattina è stata costretta alle dimissioni dopo l’indagine per scambio elettorale in cui è coinvolta, e che ha portato all’arresto del marito Sandro Cataldo, uomo macchina delle sue campagne elettorali, con l'accusa di comprare ogni voto per 50 euro. "Sandrino", conosciuto da tutti cosi nel centrosinistra barese, era attivissimo anche per nell'attuale campagna elettorale di Vito Leccese (capo di gabinetto di Decaro), il candidato alle primarie di Decaro ed Emiliano. All’evento di presentazione di Leccese, un mese fa, Cataldo era seduto in seconda fila nella sala grande dello Showville di Bari.

Maurodinoia era risultata indagata anche nell’inchiesta che il mese scorso ha portato a 130 arresti a Bari. Secondo gli inquirenti, le persone raggiunte dalle ordinanze sono responsabili, a vario titolo, di profonde ingerenze nelle amministrative vinte da Decaro nel 2019. Tra i reati contestati lo scambio elettorale-mafioso, estorsioni, porto e detenzioni di armi da sparo, illecita commercializzazione di sostanze stupefacenti, turbata libertà degli incanti, frode in competizioni sportive, tutti reati aggravati dal metodo mafioso.

Tommaso Lovreglio, nipote del boss Savinuccio Parisi, raccontava di aver incontrato due volte Maurodinoia con Cataldo, di aver preso un caffè con loro, di aver ricevuto calorosi saluti per il padre Battista, da anni in carcere perché considerato uno dei luogotenenti di Savinuccio.

Lei nega di conoscerlo ma i due episodi sono molto circostanziati dagli investigatori che sostengono come Maurodinoia e il marito Alessandro Cataldo “sapevano perfettamente” chi era Lovreglio.

In quel caso però Emiliano l’ha difesa: “Agiremo, se sarà il caso, quando avremo le carte in mano. Non possiamo certo intervenire sulle suggestioni”.

Cosa che non ha potuto fare stamattina, dopo le polemiche sulla visita del governatore alla sorella del capoclan. E l’ha costretta alle dimissioni, come fa con tutti i suoi fedelissimi, ormai numerosi, raggiunti da ordinanze cautelari. Senza che lui si fosse mai accorto di nulla.

Maurodinoia da Triggiano fu eletta al comune di Bari al primo colpo: "Lo so, ho preso più voti di quanti ne prendeva Tatarella. Più di ogni altro nella storia. Sono contenta, che altro devo dire?", disse all’epoca. E a chi la metteva in dubbio rispondeva: “È gente frustrata”.

Quando fu nominata in giunta regionale, era imputata per corruzione, sempre con il marito, nell'ambito di un'inchiesta su appalti dirottati alla Provincia all'epoca in cui era vicepresidente dell'amministrazione provinciale barese. Un processo dal quale entrambi sono usciti prosciolti nel 2022.

Secondo il gip Marco Galesi, al 22 maggio 2019 però la polizia non aveva raccolto “sufficienti indizi” per intercettare l’assessora.

Così le intercettazioni disposte d’urgenza dalla Procura il giorno precedente furono bloccate.

Tutto questo non le ha impedito di essere candidata dalla segreteria nazionale del Pd nella lista della Camera, dove risulta prima dei non eletti nella circoscrizione Bari.

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