Anm: incandidabilità questione etica

Il segretario dell'Anm, Maurizio Carbone: "L’incandidabilità di un condannato è un principio di etica"

Anm: incandidabilità questione etica

Le toghe ancora all'attacco. Non bastava il presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati (che ieri ha definito "gli attacchi ai pm un grave pericolo della democrazia"), oggi è la volta del segretario dell'Anm, Maurizio Carbone. "L’incandidabilità di un condannato a una pena superiore ai tre anni è un principio di etica. Il fatto che ci sia voluta una legge per introdurre questa norma dimostra la debolezza della politica", ha detto la toga. Il riferimento a Silvio Berlusconi è lampante. L’incandidabilità "poteva essere una regola fissata dagli stessi partiti in un codice etico, e invece c’è stato bisogno di una legge, quando è stata approvata la legge Severino sull’anticorruzione l’allora premier Monti e il Guardasigilli Severino dissero che si sarebbe potuto fare di più ma che non era stato possibile data la maggioranza parlamentare. Si tratta di un’ammissione di debolezza e di impotenza", ha aggiunto Carbone.

Che poi ha rivendicato il fatto che "la debolezza politica costringe la magistratura a intervenire, come nel caso Ilva o per i temi bioetici, andando così a supplire di fronte a inefficienze od omissioni di un altro potere dello Stato, che, poi, invece di riconoscere il doveroso intervento dei magistrati, li attacca e li accusa di aver invaso il campo altrui".

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