Articolo 18, Fornero: "E' vero, togliamo garanzie ma non lo smantelliamo"

Il ministro: "Alcune imprese possono avere un motivo economico vero per licenziare e indennizzare economicamente senza che intervenga il giudice"

Articolo 18, Fornero: "E' vero, togliamo garanzie  ma non lo smantelliamo"

"Sulla flessibilità in uscita è vero che stiamo togliendo qualcosa all’articolo 18, ossia la garanzia che impediva il licenziamento consentendo al giudice di reintegrare il lavoratore, ma non lo abbiamo smantellato". Ad assicurarlo è il ministro del Welfare, Elsa Fornero nel corso del suo intervento a un convegno dell’Udc a Torino.

Il ministro ha spiegato che "abbiamo cercato di fare un ragionamento prendendo in considerazione che c'è un'area che fa impresa che in certi momenti può avere un motivo economico vero per licenziare le persone e indennizzarle economicamente senza che intervenga il giudice. Questo non è sottrarre una protezione anche perché era limitata ad una cittadella di lavoratori, i giovani ne sono fuori e in parte anche le donne, il nostro obiettivo è distribuire meglio la protezione su una platea più ampia".

Insomma, per Fornero, "la vera rivoluzione per l’Italia sarebbe una modifica del sistema di ammortizzatori sociali in cui non va protetto il posto di lavoro, ma il lavoratore nel mercato del lavoro".

Il titolare del dicastero del Welfare è poi tornato a parlare della sua visita alla fabbrica dell'Alenia per spiegare direttamente ai lavoratori la riforma del lavoro. Secondo il ministro, la sua visita "è stata una prova di democrazia" e con l'Alenia "è stato un confronto vero, duro, autentico, dove nessuno ha concesso niente all'altro. Io l'ho trovato prima di tutto una forma di cortesia, perché 1300 persone hanno firmato per chiedermi un incontro e poi - e lo dico senza enfasi - una prova di democrazia. Loro sono rimasti della loro idea ma credo che abbiano apprezzato l'onestà intellettuale del lavoro di ministro".

Tornando alla riforma del lavoro, Fornero ha spiegato che "abbiamo preso uno schema di assicurazione sociale per l’impiego, in cui il disoccupato si deve attivare per trovare una nuova occupazione ma lo Stato non lo lascia solo con politiche di riqualificazione, formazione e servizi per l’impiego".

Sulle partite Iva, Fornero  ha spiegato di ritenerle "una bella cosa perché sono sinonimo di lavoro autonomo ma quando una commessa lavora a partita iva siamo in presenza di una distorsione".

Dunque, "noi vogliamo salvare le partite Iva ma anche evitare che troppe persone siano costrette a lavorare a partite Iva. Con la riforma del lavoro che seppure non ha molti estimatori, io continuo a difendere abbiamo cercato di fare un’operazione delicata, preservare la flessibilità cercando di ridurre gli abusi. Trovare un equillibrio è delicato".

Infine, per quanto riguarda il sistema pensionistico, il ministro ha dichiarato che "bisogna separare la previdenza dall’assistenza. I contributi sociali che oggi diamo sono eccessivi. Non si può far gravare l’assistenza sui contributi ma deve essere finanziata con la tassazione progressiva e prendere di più da chi ha di più. Ci vuole il sostegno al reddito per disoccupati, ma condizionato al fatto di essere attivi. Un 40enne disoccupato ha il diritto e il dovere di riqualificarsi, di non rifiutare corsi, né opportunità di lavoro fornite".

Insomma, così come Monti giorni fa aveva detto che gli italiani devono cambiare modo di pensare e di vivere, anche la Fornero si colloca sulla stessa linea di pensiero e dice: "Dobbiamo cambiare mentalità, non dire "ti devi aspettare l'indennità da disocupato" ma: "ti devi attivare per trovare un lavoro, ma io non ti lascio solo, oltre al reddito ti do formazione, riqualificazione e servizi per impiego". Questa sarebbe la vera rivoluzione in Italia".

"La nostra società ha negato per anni l'esistenza del rischio della disoccupazione, addirittura non chiamando un lavoratore "disoccupato", ma "cassaintegrato o prepensionato". Queste sono cose che costano, come tenere un lavoratore associato al suo posto di lavoro per anni senza chiedergli niente.

Non sarebbe meglio dirgli che quel posto di lavoro non c'è più e riconoscerlo come disoccupato e aiutarlo a trovare una riqualificazione professionale? Questo rischio di disoccupazione l'avevamo neutralizzato", ha ribadito il ministro.

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